
Era, è, e probabilmente sarà sempre più, scontro sui rimpatri dei migranti. All’indomani della sentenza della Corte di Giustizia europea sui Paesi sicuri, che chiede al giudice di valutare se davvero siano da considerarsi tali per il migrante ma stabilisce anche che se un Paese non è sicuro per qualcuno non lo è per nessuno, il governo rimette in moto la macchina dei rimpatri.
Riattiva le procedure per la gestione accelerata dei rinvii nei Paesi d’origine, valuta di ridestinare allo scopo i centri in Albania, attualmente utilizzati come Cpr, contando sul fatto che, spiegano fonti qualificate «non avendo nominato in sentenza i centri di Albania la Corte abbia ritenuto che siano legittimi» e preme sull’Ue affinché anticipi l’adozione del patto per la sicurezza e le migrazioni. Ritenendo che «l’arrivo del regolamento con la lista unica di Paesi sicuri sia una norma sovranazionale che non consentirà più ai giudici interpretazioni diverse o disapplicazioni».
Ma è proprio su questo punto che già si profila lo scontro. Secondo l’Anm non è così. La «sentenza sarà valida anche dopo l’adozione del nuovo regolamento», dice al Corriere il segretario Rocco Maruotti. Il principio che l’ultima parola sul rispetto dei diritti spetti al giudice «non può essere cancellato», aggiunge. L’Unione Camere Penali esulta e conferma: «È sempre possibile per il migrante contestare l’inserimento di un Paese nella lista e per il giudice verificare la fondatezza della scelta. Le scelte legislative non possono sottrarsi a limiti e controlli quando sono in gioco diritti fondamentali». E sottolinea che la magistratura «a seguito del pronunciamento della Corte di Giustizia europea, avrebbe tutti gli strumenti per intervenire» anche a tutela dei detenuti in «condizioni di sovraffollamento, inumane e degradanti».
Uno scontro, quello tra politica e giudici, che il partito di Matteo Salvini anticipa. «La decisione della Corte di Giustizia europea conferma l’assalto delle toghe rosse ai nostri confini, sia in Italia che all’estero», si legge in una nota della Lega. «Non ci arrenderemo mai, siamo pronti a dare battaglia e in autunno i Patrioti presenteranno una mozione di sfiducia contro Ursula von der Leyen, incapace di tutelare il Vecchio Continente e l’Italia in particolare». Non solo sull’immigrazione ma anche sul «folle Green Deal che non aiuta l’ambiente ma danneggia famiglie e imprese», si promette.
Da Bruxelles si fa sapere che i rilievi della Corte sulla designazione dei Paesi sicuri sono previsti nel nuovo Patto per le migrazioni e l’Asilo, che include il nuovo regolamento sui rimpatri. Norme che dovrebbero entrare in vigore a giugno 2026, ma che la commissione ha «già chiesto di anticipare», ha confermato un portavoce. Ricapitolando però i principi stabiliti dalla Corte: a partire dal fatto che la designazione di Paesi di origine di Paese sicuro può essere certamente effettuata mediante un atto legislativo ma solo «a condizione che tale atto possa essere soggetto a un effettivo controllo giurisdizionale». Tuttavia ha riconfermato l’obiettivo di trattare domande d’asilo infondate in modo rapido ed efficiente.
«Mi auguro prevalga la democrazia sulla dittatura togata», attacca Maurizio Gasparri (Fi). E Davide Faraone (Iv) replica: «Solo chi ha una concezione malata della democrazia poteva sorprendersi per la ovvia sentenza della Corte».
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3 agosto 2025
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