
Oltrepassato il terzo anno di mandato, a Giorgia Meloni restano da superare per longevità il quarto governo Berlusconi (1.287 giorni) e il secondo Berlusconi (1.412). Il suo è, oggi, il sesto governo più longevo dell’intera storia italiana dal 1861. Nella primavera del 2026 supererebbe, oltre al quarto governo Berlusconi, anche quello di Giovanni Lanza (1.304 giorni) e il terzo governo di Giovanni Giolitti (1.291). Nell’autunno successivo, invece, cadrebbero tutti i primati precedenti, incluso il più longevo governo Berlusconi. Per giudicarla, attingiamo a una vecchia massima di Walter Cronkite, celebre anchorman americano: «La verità è sfuggente, stiamo ai fatti».
È difficile trovare un presidente del Consiglio che abbia ricevuto, anche sulla stampa, un consenso internazionale così diffuso. (…)
Se l’aspettava? chiedo a Giorgia Meloni. (Lei spegne la sigaretta. No, di smettere di fumare non se ne parla. Glielo ha chiesto persino il presidente turco Recep Erdogan: un turco che ti chiede di smettere di fumare non si era mai visto.) Voglio dire: si aspettava una visibilità internazionale così forte? «Allora, mettiamola così: ho una mentalità un po’ diversa da quella che vedeva come unico ruolo possibile per l’Italia quello di fare lo junior partner di Francia e Germania». E aggiunge: «La stabilità, sotto questo profilo, è stata fondamentale. Ho incontrato moltissimi primi ministri che mi hanno parlato della difficoltà di fare accordi con l’Italia perché, dopo l’ultimo governo Berlusconi, l’interlocutore cambiava troppo spesso. Qualcuno, prima d’incontrarlo, non ricordava più nemmeno chi fosse il presidente del Consiglio».     
Il saggio
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La Meloni mi racconta di aver deciso fin dall’inizio di non fare «la ruota di scorta» dei principali Paesi europei, e ha posto temi in Consiglio europeo «come quello del governo dei flussi migratori e della difesa dei confini, che, prima di me, nessuno aveva posto. Le altre Nazioni si sono accorte che si tratta di un problema europeo e che il lavoro che sta svolgendo l’Italia nel Mediterraneo e in Africa giova a tutti. Insomma, l’Italia è una Nazione che ha tutte le carte in regola per farsi seguire e non soltanto per seguire». E, a proposito di cose inattese, mi mostra un sondaggio: «I consensi sono i più alti dal gennaio 2023, tre mesi dopo l’inizio del nostro governo. Non era mai accaduto».
Sua madre Anna che ne dice?, le domando. Lei sorride: «Mia madre legge e vede tutto — i social, i giornali, i talk show –— e si arrabbia moltissimo per gli insulti che ricevo. Vorrebbe querelare tutti. Io le rispondo: mamma, non ti agitare, io non leggo niente e non guardo niente, per non essere condizionata. Magari, invece di farmi il report tutti i giorni, fammelo due volte alla settimana. Però, capisco che una mamma…». E sua figlia Ginevra? «All’inizio mi chiedeva: “Mamma, perché hai scelto questo lavoro?”. Me lo chiedeva perché lavoro sempre e mi vede poco. Adesso è cambiata. Pochi giorni fa le ho detto: “Gigia, quando mamma smette di fare questo lavoro, faremo…”. E lei: “Perché devi smettere di fare questo lavoro?”. Ma come, me lo chiedevi sempre? “Lo so, mamma. Ma adesso ho capito che sei importante…”» . L’opposizione la vede troppo schiacciata su Trump. Com’è maturato il vostro rapporto? «Lui dice che sono popolare tra gli americani e popolarissima tra gli italoamericani», mi confida il presidente del Consiglio. «Essendo lui un leader molto forte, credo che apprezzi il fatto che non amo la formalità e che gli parlo in maniera molto franca, dicendo quello che penso, perché ritengo che gli amici debbano comportarsi così».
Il vicepresidente americano J.D. Vance ha dichiarato che la Meloni riesce a parlar schietto senza però mai mancare di rispetto all’interlocutore. Dopo l’incontro di Sharm el-Sheikh, Trump ha pubblicato a raffica alcuni video di «Giorgia», partendo addirittura dal saluto in lingua spagnola al raduno di Vox («Yo soy Giorgia, soy una mujer…») dell’11 ottobre 2021. Questo ha generato una serie di fake news, come quella secondo cui la Meloni avrebbe condotto trattative direttamente con gli Stati Uniti, escludendo l’Europa, e avrebbe «raffreddato» il suo appoggio all’Ucraina. Fake smentite con garbo e fermezza da Palazzo Chigi. Altra cosa è interessarsi riservatamente, nel rispetto delle regole europee, per ottenere dazi non punitivi, come quello sulla pasta, e intervenire affinché vengano, se possibile, abbattuti su altri prodotti. È evidente che un uomo come Donald Trump, in grado di sconvolgere l’America e mezzo mondo, e non solo con decreti esecutivi d’immediata attuazione, abbia problemi a riconoscere un’importante autorità europea come Ursula von der Leyen che, per muoversi, ha bisogno del consenso di 27 paesi. Passo dopo passo, la Meloni li ha fatti incontrare, ha parlato ripetutamente con il segretario americano al Commercio, Howard Lutnick, e si è infine arrivati a un accordo dignitoso sui dazi. Nel colloquio d’ottobre a Washington, Trump ha consigliato a Volodymyr Zelensky di concedere il Donbass ai russi, se non vuole che il suo Paese venga distrutto. Il presidente Usa è ondivago, ma l’Europa mi pare che rimanga accanto all’Ucraina. «Quella in corso in Ucraina non è una guerra “regionale” o un problema soltanto europeo», precisa la Meloni «ma è il tentativo di cambiare l’ordine mondiale, sostituendo la forza del diritto con la legge del più forte. Le provocazioni che Putin fa con i droni nei cieli europei sono, di fatto, dei test sulla tenuta dell’Alleanza atlantica, e quindi anche sulla credibilità e la forza degli Stati Uniti nella Nato»
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30 ottobre 2025
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