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Medici e infermieri in crisi: «Uno su tre è depresso, uno su dieci pensa al suicidio». Allarme dell’Oms sulla salute mentale

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Tra i medici e gli infermieri, uno su tre  soffre di depressione o ansia, e più di uno su dieci ha pensato al suicidio o a farsi del male. Nella Giornata mondiale dedicata alla salute mentale, che quest’anno ha come tema generale le emergenze umanitarie,  l’Organizzazione mondiale della sanità, sezione Europa, lancia il rapporto «Healing Hands – Hurting Minds» (Mani che curano, menti che soffrono), la più ampia indagine mai condotta sulla salute mentale dei professionisti sanitari europei.

L’indagine «Mental Health of Nurses and Doctors (MeND)», ha raccolto oltre 90mila risposte provenienti da 29 Paesi (i 27 dell’Unione Europea, più Islanda e Norvegia) tra ottobre 2024 e aprile 2025, tramite sei associazioni europee di medici e infermieri e le loro filiali nazionali.

Pubblicata oggi, in occasione della Giornata mondiale della salute mentale, fotografa un quadro drammatico: il personale sanitario europeo è schiacciato da carichi di lavoro insostenibili, contratti precari, violenze fisiche e psicologiche e da una crescente mancanza di sostegno da parte delle istituzioni.

Il peso della cura: tra violenze e turni infiniti

Nell’ultimo anno, uno su tre tra medici e infermieri ha dichiarato di aver subito episodi di bullismo o minacce sul lavoro; uno su dieci ha subito violenza fisica o molestie sessuali. Un quarto dei medici lavora oltre 50 ore settimanali, e quasi un terzo del personale sanitario è assunto con contratti temporanei, un fattore che aumenta ansia e precarietà.

Il dato più preoccupante è quello dei pensieri suicidari: il 10% degli intervistati ha riferito di aver pensato di «stare meglio morto» o di «farsi del male» nelle due settimane precedenti al sondaggio. Questi pensieri «passivi» sono noti per essere predittivi di futuri comportamenti suicidari.
Il rapporto evidenzia un legame diretto tra condizioni di lavoro e salute mentale: chi lavora molte ore, fa turni notturni o subisce violenza ha una probabilità molto maggiore di soffrire di depressione, ansia o ideazione suicidaria. La prevalenza dei pensieri suicidari tra medici e infermieri è il doppio rispetto alla popolazione generale.

«Un fardello inaccettabile per chi si prende cura di noi»

«I risultati del sondaggio MeND sono un duro promemoria: i sistemi sanitari europei sono forti solo quanto le persone che li sostengono», sottolinea Hans Henri P. Kluge, direttore regionale dell’OMS per l’Europa.«“Uno su tre tra medici e infermieri riferisce depressione o ansia, e più di uno su dieci ha pensato di togliersi la vita o di farsi del male. È un peso inaccettabile per chi si prende cura di noi. Ma non deve essere così».

Che cosa fare

Kluge indica una serie di interventi urgenti: «Possiamo agire subito, imponendo la tolleranza zero per la violenza e le molestie nei luoghi di cura; riformando i turni e gli straordinari per porre fine alla cultura del “lavoro fino allo sfinimento”; riducendo i carichi di lavoro eccessivi investendo in assunzioni più intelligenti e flussi di lavoro semplificati, anche grazie alle tecnologie digitali e all’intelligenza artificiale; e garantendo che ogni operatore sanitario abbia accesso a un supporto per la salute mentale confidenziale e privo di stigma.
«Allo stesso tempo, dobbiamo rendere i dirigenti sanitari responsabili della creazione di ambienti di lavoro sicuri e di sostegno. In definitiva, la crisi di salute mentale tra gli operatori sanitari è una crisi di sicurezza sanitaria, che minaccia l’integrità dei nostri sistemi sanitari».
In altre parole, la crisi di salute mentale che attraversa il settore sanitario non è solo un problema individuale: è una minaccia sistemica, che rischia di compromettere la sicurezza e la resilienza dei sistemi di cura in tutta Europa.

Ancora «innamorati» del loro lavoro, nonostante tutto

Nonostante tutto, la maggior parte dei medici e degli infermieri continua a trovare significato e motivazione nel proprio lavoro.
Secondo il rapporto, tre medici su quattro e due infermieri su tre dichiarano di sentirsi realizzati professionalmente e di percepire un forte senso di scopo. Tuttavia, questa passione non basta a compensare l’esaurimento fisico e mentale.
«Siamo fisicamente e mentalmente esausti, il che purtroppo a volte può portare a errori medici» racconta Mélanie Debarreix, specializzanda in radiologia in Francia. «Queste condizioni di lavoro hanno un impatto enorme sulla nostra salute mentale e sul nostro benessere. In Francia, tra gli studenti di medicina, il 66% ha vissuto un episodio depressivo e il 21% ha avuto pensieri suicidari nell’ultimo anno — tre volte più della popolazione generale. Proteggere la nostra salute mentale dovrebbe significare, prima di tutto, applicare rigorosamente la legge sugli orari di lavoro e sui periodi di riposo obbligatori dopo i turni di guardia, oltre a garantire risorse finanziarie sufficienti per permetterci di lavorare in linea con i nostri valori. Abbiamo scelto una via di umanità, ma questo non significa smettere di essere umani noi stessi».
Le sue parole racchiudono il paradosso di un sistema che chiede ai suoi operatori di incarnare la compassione e la resilienza, ma che li lascia soli quando vacillano.

La catena che si spezza: medici in fuga, pazienti a rischio

Le conseguenze di questa crisi vanno ben oltre il disagio personale. A seconda del Paese, fino al 40% dei professionisti con sintomi depressivi ha usufruito di congedi per malattia nell’ultimo anno, e tra l’11% e il 34% ha dichiarato di voler lasciare il lavoro. Questo significa meno personale, tempi d’attesa più lunghi e una qualità delle cure in calo. In altre parole: un sistema che si indebolisce per tutti.
«In tutta Europa, le pressioni affrontate da medici e infermieri possono essere diverse — orari lunghi in un paese, contratti precari in un altro, violenza sul posto di lavoro altrove — ma l’impatto sulla salute mentale è universale, spiega la dottoressa Natasha Azzopardi-Muscat, direttrice dei Sistemi Sanitari dell’OMS/Europa. «Misuriamo la capacità ospedaliera contando i letti, e i risultati chirurgici attraverso i tassi di sopravvivenza, ma troppo spesso non misuriamo il benessere di chi presta le cure. Questi risultati mostrano che la salute mentale deve essere considerata un indicatore di performance essenziale, al pari della sicurezza dei pazienti o della capacità ospedaliera. La resilienza dei nostri sistemi sanitari è forte solo quanto la resilienza delle donne e degli uomini che dedicano la loro vita a prendersi cura degli altri».

Quasi un milione di operatori in meno entro il 2030

Il rapporto aggiunge peso alle conclusioni del documento Oms/Europa «Time to Act (2022)», secondo cui il reclutamento di personale sanitario non tiene il passo con la domanda crescente, mettendo sotto pressione i sistemi sanitari e i lavoratori. Il quadro si complica ulteriormente con la carenza di personale: secondo le stime dell’Oms, l’Europa rischia di perdere 940mila operatori sanitari entro il 2030. Senza interventi concreti, i sistemi sanitari non saranno in grado di rispondere né alle esigenze di una popolazione che invecchia, né alle future emergenze sanitarie.

Sette misure urgenti

Il rapporto MeN propone sette misure urgenti per invertire la rotta:
1. Tolleranza zero verso ogni forma di violenza;
2. Maggiore prevedibilità e flessibilità dei turni;
3. Gestione equa degli straordinari e promozione di una cultura lavorativa positiva;
4. Riduzione dei carichi di lavoro eccessivi;
5. Formazione e responsabilità per i leader sanitari;
6. Accesso garantito al supporto per la salute mentale
7. Monitoraggio costante del benessere del personale sanitario.
«Con l’Europa che rischia di perdere quasi un milione di operatori sanitari entro il 2030, non possiamo permetterci di perderli per burnout, disperazione o violenza», conclude  Kluge. «Il loro benessere non è solo un obbligo morale — è la base di cure sicure e di alta qualità per ogni paziente. Che questa indagine sia la sveglia di cui abbiamo bisogno per agire».

10 ottobre 2025

10 ottobre 2025

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