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Mattarella sarà comunque a Genova per il 25 Aprile

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Ma si può celebrare la Festa della Liberazione in coincidenza con un lutto nazionale? E, si badi, non una festa qualsiasi, visto che stavolta cade l’ottantesimo anniversario della resa dei nazifascisti e del ritorno della libertà grazie alla lotta della Resistenza al fianco degli eserciti alleati. La domanda è rimasta sospesa per un po’, ieri, nei palazzi della politica e non solo, mentre il Consiglio dei ministri decretava cinque giorni di cordoglio pubblico in memoria di papa Francesco. 

Una decisione che si traduce in bandiere a mezz’asta, eventi ufficiali del governo annullati o ridotti, come pure le manifestazioni sportive e culturali. E il 25 Aprile sarà cancellato? No, lo si consente. Purché sia onorato «in modo sobrio», ha chiarito Nello Musumeci, ministro della Protezione civile, poco dopo che il capo dello Stato era andato a rendere omaggio alla salma del Santo Padre nella camera ardente di Santa Marta. Una risposta che ha spiazzato una parte non certo irrilevante del Parlamento e sollevato recriminazioni rimbalzate fino al Quirinale. Le più acuminate e maliziose suggerivano che l’esecutivo avesse pianificato un lutto così insolitamente lungo — da concludersi sabato 26 — per desertificare e depotenziare una ricorrenza laica nella quale una parte della destra non ha mai voluto riconoscersi, attaccando chiunque la rispetti e la commemori. 

E qui vale la pena di segnalare qualche precedente, riferito ai Pontefici: per Paolo VI il lutto nazionale fu di un giorno, per Giovanni Paolo I lo stesso, per Giovanni Paolo II tre giorni, per Benedetto XVI nulla. Non basta. Perché alcuni si sono posti una serie di dubbi interpretativi sul concetto di «sobrietà». Per esempio, i cortei si potranno fare? Sarà proibito sventolare bandiere ed esporre striscioni? E andranno silenziati i cori di Bella ciao? Non sembrano domande oziose o congetture troppo esagerate, se si considera come hanno le reagito le opposizioni e l’Associazione partigiani, che hanno confermato di voler essere comunque in piazza, quasi sottintendendo la propria capacità di autodisciplinarsi. Fatto sta che l’incrocio tra lutto e festa ha rischiato di produrre, oltre ai soliti battibecchi politici, addirittura qualche disagio istituzionale. 

Sergio Mattarella ha risolto il problema senza cambiare calendario. A parte il rinvio al 30 aprile dell’udienza — prevista per oggi — con le associazioni combattentistiche, venerdì sarà a Genova, per un discorso che ha scritto da tempo. Con un’unica variazione di programma: ci andrà al mattino, in modo da essere di ritorno nel pomeriggio a Roma, dove per le esequie del Pontefice giungeranno parecchi capi di Stato che potrebbero chiedergli un incontro. Una maniera per spegnere polemiche inutili. 

Del resto, cose analoghe Mattarella le ha viste e vissute in stagioni non troppo remote. Come quando negli anni Ottanta il Parlamento dichiarò «soppressa» la Festa della Repubblica «per ragioni di risparmio». Una pazzia impensabile in qualsiasi Paese dall’identità forte (come la Francia, la Gran Bretagna o gli Usa). Abbiamo dovuto attendere Ciampi per vederla ripristinata.

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22 aprile 2025

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