Home / Spettacoli / Mark Hoppus: «Ero diventato paranoico e il mio cervello cercava di avvelenarsi da solo. Poi mi hanno diagnosticato il disturbo ossessivo-compulsivo e tutto ha avuto un senso»

Mark Hoppus: «Ero diventato paranoico e il mio cervello cercava di avvelenarsi da solo. Poi mi hanno diagnosticato il disturbo ossessivo-compulsivo e tutto ha avuto un senso»

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Quando è esplosa la pandemia di Covid nel 2020, la sua ansia è stata confermata. «Oggi ho ancora dei giorni in cui dico a mia moglie “sono pazzo a pensare questa cosa, giusto?”. E lei risponde: “Sì. È una cosa ridicola da pensare”». Le rassicurazioni che cerca Mark Hoppus dalla paziente consorte (Skye Everly, ndr) sono frutto del disturbo ossessivo-compulsivo di cui il 53enne bassista dei Blink-182 ha scoperto di soffrire nel 2008, dopo che per la verità aveva passato anni a provare a dare un nome a pensieri e comportamenti disturbanti, senza mai riuscirvi e venendo addirittura additato come fuori di testa dai suoi stessi amici e parenti. 

«Ero diventato intensamente paranoico riguardo ai germi. Ero costantemente preoccupato per la mia salute», ha raccontato Hoppus in un passo del libro “Fahrenheit-182: A Memoir”, scritto con il giornalista Dan Ozzi, ricordando come l’ossessione per la pulizia lo portasse «a lavarmi ogni volta che stringevo la mano a qualcuno, aprivo una porta o toccavo l’esterno sporco del disinfettante per le mani». Per non parlare di quella volta in cui, durante un tour in Messico, gli era stato consigliato di non bere dal rubinetto e lui prese il consiglio fin troppo alla lettera, arrivando al punto di non farsi la doccia per giorni e pretendendo che al “Four Seasons” gli servissero solo cibo preconfezionato, portato da casa. 

«Non usavo nemmeno l’acqua del rubinetto per lavarmi i denti», ha ammesso nella sua biografia in cui ripercorre i momenti più importanti della sua vita dentro e fuori la band, fra cui la scoperta del tumore, la dolorosa rottura con Tom DeLonge e l’incidente aereo del 2008, in cui il batterista Travis Barker si salvò, mentre due amici morirono. «Anche la persona più razionale avrebbe difficilmente potuto non pensare che il mondo stesse cospirando per ucciderci tutti», ha spiegato Hoppus nel libro. Ma visto che ogni volta che tentava di parlare con la moglie delle ansie che lo tormentavano, quest’ultima lo liquidava dicendogli «ma di cosa stai parlando? Quello che dici non ha senso», il cantante ha deciso di rivolgersi a un terapista e quella è stata la svolta che cercava. 

«Lo psichiatra mi ha detto “questo è quello che hai”. E io ho pensato “Beh, ha senso. Ok, ora posso dargli un nome. Ora posso iniziare ad affrontarlo”». Una volta ottenuta la diagnosi, la prima reazione non è però stata quella di curarsi, ma solo di superare il disturbo. «Ma il tuo cervello cerca di mangiarsi e di avvelenarsi da solo, e a volte, per me, è impossibile fermarlo», ha riconosciuto Hoppus che, alla fine, ha ceduto e si è fatto aiutare. «Ci sono voluti farmaci, amici, compagni di band, famiglia e tutto il resto per rimettere a posto il mio mondo», ha concluso.

23 aprile 2025 ( modifica il 23 aprile 2025 | 14:57)

23 aprile 2025 ( modifica il 23 aprile 2025 | 14:57)

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