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Ha 86 anni. Lavora con lo stesso slancio dei cinquanta e confessa di divertirsi ancora «come un pazzo». Mario Ceroli (Castel Frentano, 1938) – celebre per le silhouette in legno grezzo spesso ripetute in modo seriale – si alza ogni mattina alle otto carico di idee («non sto un minuto fermo», dice) e scende nel suo parco giochi, l’atelier, dove sulla pietra d’ingresso ha inciso il motto «La forza di sognare». Sono cinque padiglioni fitti di opere e di energia: spazi fino a oggi gelosamente privati, che saranno presto aperti al pubblico «per renderli vivi, fruibili da tutti, specialmente i più giovani e i più fragili, poiché l’arte ha tra le sue funzioni anche quelle di formare e di educare».
Banca Ifis ha acquisito la sua collezione e presto arriverà una «casa museo».
«È un sogno che diventa realtà, per tramandare così com’è questo luogo che amo profondamente; una casa-studio curiosa e stranissima, che prima di me è stata tutto: stalla, conigliera, porcilaia, forno dei contadini, piantagione di frumento. Nel 1967, di ritorno dopo due anni negli Stati Uniti, volevo un laboratorio in campagna. Ho preso la piantina di Roma, guardato oltre il Grande Raccordo Anulare in direzione del mare, e in via della Pisana ho trovato questo».
Qui si raggruppano tanti lavori, dagli Anni 60 a oggi; li ha conservati in funzione del progetto?
«No. In Italia questi lavori non li comperano perché di grandi dimensioni. La mia opera ha bisogno dei suoi tempi. E io non voglio essere un artista alla moda. Le mode, dal parlare al vivere, sono una rovina, e appartengono a quelli che sfruttano la debolezza degli altri».
Un fondo di amarezza…
«Ho collezionato qualche delusione».
Una per tutte?
«La Casa del Nettuno, che realizzai nel 1988 per ospitare il cantiere di restauro della statua del Giambologna a Bologna. Era bellissima, ispirata ai palazzi della Città ideale con gallerie per i visitatori. Ne feci dono alla città. Un giorno chiesi dove stava. Mi risposero: smaltita. Fu terribile. Ma gliene voglio dire altre».
«Nel 2007 a Firenze stessa storia. Concepisco e dono alla città un’installazione monumentale dedicata al Genio fiorentino. Una scalinata con Dante, Giotto fino a Benigni, collocata davanti alla Fortezza da Basso. Viene inaugurata con successo e pochi anni dopo smontata per farci passare la tramvia, ora non si sa dov’è finita. Per non parlare della scultura di 20 metri fatta per Roma in occasione di Italia 90, che langue a brandelli, dimenticata, nei giardini di viale Tiziano vicino al Palazzetto dello sport. Grida vendetta».
Lei ha sperimentato, ma ha scelto di esprimersi con un materiale tradizionale, atemporale, archetipico come il legno. Perché?
«All’Accademia di belle arti di Roma ero allievo di Leoncillo, ho cominciato con la ceramica, che però richiedeva un’esecuzione troppo lunga. Il legno è il materiale più amico dell’uomo e in assoluto quello che sento più vicino a me. Le prime prove nel ’57 con tronchi d’albero trapassati da chiodi, poi ho continuato. Lo lavoro con le mani, in presa diretta, e questo mi aiuta con l’invenzione, la riflessione, il movimento. È un esercizio fisico e mentale».
Come definisce la sua arte?
«Un cosa divertente, che mette allegria. E, come ogni forma d’arte, un atto d’amore. Lo è da parte dell’artefice, senza dubbio, ma anche e soprattutto da parte di chi ti sceglie, collezionista o spettatore che sia. Ed essere scelti da un’altra persona è una delle meraviglie della vita».
E lei chi ha scelto?
«Nelle mie terre il Guerriero di Capestrano, a Chieti, e nei giorni che ho trascorso a Milano per la mia mostra a Palazzo Citterio sono ritornato più di una volta alla Pinacoteca di Brera per vedere il Cristo morto del Mantegna e la Pala Montefeltro di Piero della Francesca, che già conoscevo, ma vi ho riscoperto le categorie della bellezza e della serenità; lì, insomma, nessuno ti accoltella».
Progetti per il futuro?
«Arrivare a 106 anni; pochi mesi fa è morta una zia che ne aveva 103, voglio superarla, mi voleva molto bene e approverebbe».
IL PROFILO
Mario Ceroli nasce a Castel Frentano (Chieti) il 17 maggio 1938. Oggi vive a Roma con la sua famiglia. Il lavoro dell’artista è scultura, pittura, disegno, creazione di oggetti, ambienti e scenografie La sua scultura è costruzione piuttosto che plasmazione, le forme sono concetti tangibili e mai astrazioni. Si serve di vari materiali, spesso del legno
LA GUIDA – Fino a marzo negli spazi della Grande Brera, poi la Capitale
La Grande Brera a Milano si è inaugurata anche all’insegna del contemporaneo con la mostra dedicata a Mario Ceroli nella Sala Stirling di Palazzo Citterio. Fino al 23 marzo 2025, l’esposizione dal titolo «Mario Ceroli. La forza di sognare ancora», a cura di Cesare Biasini Selvaggi, comprende dieci lavori inediti site-specific, eseguiti nell’ultimo anno dall’artista per lo spazio ipogeo progettato da James Stirling negli anni Cinquanta, un enorme «grey cube», una scatola di cemento con una sorta di proscenio all’ingresso. La mostra segna l’avvio dell’accordo di collaborazione tra la Grande Brera e la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, dove la mostra si trasferirà ampliata (con una selezione di lavori degli ultimi decenni) nel mese di aprile 2025, sempre a cura di Cesare Biasini Selvaggi, realizzata grazie alla collaborazione di Ifis art, il progetto di Banca Ifis per la valorizzazione dell’arte, della cultura e della creatività contemporanea. La mostra è accompagnata da una pubblicazione edita da Metilene edizioni, con la riproduzione di tutte le opere esposte e un contributo di Ceroli. Catalogo sponsorizzato da Banca Ifis.
In alto, Mario Ceroli in una foto di Angela Buono
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17 dicembre 2024 (modifica il 17 dicembre 2024 | 09:18)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
17 dicembre 2024 (modifica il 17 dicembre 2024 | 09:18)
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