Che all’indomani della presentazione della manovra alle Camere scoppino le polemiche, anche nella maggioranza, ci sta. Giancarlo Giorgetti lo sa, è un veterano delle leggi finanziarie. In Parlamento fin dal 1996, ne ha viste quasi una trentina. Dai banchi di maggioranza, di opposizione e di governo. Da relatore, da presidente della commissione Bilancio, da ministro. Il titolare dell’Economia, quindi, non si è certo scomposto per le lagnanze dei partiti che si aspettavano di più o che avrebbero voluto limitare i tagli. Così come sa che qualche modifica, in Parlamento, è sempre possibile, purché non si modifichino i saldi della legge di Bilancio da 18,7 miliardi. Ma quello che Giorgetti non accetta è l’attacco alla tecnostruttura del ministero.Â
Il ministro non vuole commentare pubblicamente le parole del vicepresidente del Consiglio, Antonio Tajani, su «qualche grand commis al ministero delle Finanze che ha voglia di punire e reintegrare le tasse». Ma certo non ha gradito. E dopo l’attacco che arriva dal leader di Forza Italia, ci tiene a ribadire la «assoluta fiducia nell’operato delle istituzioni con le quali si confronta ogni giorno al ministero», Ragioneria generale dello Stato, Tesoro e Finanze, che in queste settimane hanno lavorato pancia a terra.
Le norme oggetto di polemica, dalla cedolare secca alla stretta sui dividendi ai fondi per la metropolitana C di Roma, si osserva al ministero, non sono state certo frutto di decisioni della Ragioneria, che invece ha fatto fino in fondo il suo lavoro di verifica delle coperture finanziarie della manovra, così da apporre il «bollino» senza il quale il disegno di legge di Bilancio non si sarebbe potuto presentare in Parlamento. Per il resto, come ha sempre sottolineato il ministro, «la manovra rispetta i paletti che il governo ha accettato nella trattativa con l’Ue e che si è impegnato a non travalicare».Â
Giorgetti, nell’ultimo anno, ha avuto modo di osservare il lavoro di Daria Perrotta, che lui stesso ha fortemente voluto al vertice della Ragioneria, nonostante non mancasse anche nel governo un certo scetticismo sulla sua scelta. Che invece, secondo il ministro, si è dimostrata vincente, visto anche il dinamismo impresso da Perrotta alla struttura. Dinamismo che, tra l’altro, ha consentito di mandare il testo della manovra in Senato solo pochi giorni dopo l’approvazione in Consiglio dei ministri, mentre in passato si era aspettato molto di più. Ma la polemica non è destinata a spegnersi, perché, grand commis o meno, Tajani non ha digerito il metodo di lavoro. «Nessuno — accusa — ci ha mai dato il testo». Ma Claudio Durigon, vicesegretario della Lega (lo stesso partito di Giorgetti) subito gli replica di non aver letto bene le norme e che avrebbe «semplicemente dovuto informarsi meglio».


24 ottobre 2025
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