L’edizione di quest’anno del Festival della carne di cane di Yulin si avvia a conclusione. E ancora una volta non sapremo con esattezza quanti cani – e quanti gatti, perché ci sono anche loro – sono stati macellati e venduti per festeggiare il solstizio d’estate, il giorno più lungo dell’anno. Si tratta di decine di migliaia di animali, ma i numeri reali non vengono mai forniti e più avanti spieghiamo anche perché. Quello che sappiamo, tuttavia, è che tra di loro non ci sarà Mama, una cagnolona salvata, insieme ad altre 9 e femmine e 7 maschi dall’intervento degli attivisti di Action Project Animal (Apa), l’organizzazione creata da Davide Acito, che anche quest’anno sono riusciti a sottrarre alcuni animali già in attesa di macellazione. Diciassette in tutto. Che tra qualche giorno diventeranno 21. Sì, perché Mama è incinta e a breve darà alla luce quattro cuccioli.
«È stata una grande emozione scoprire che tra gli animali che siamo riusciti a portare via dal mattatoio ci fosse anche una futura mamma – racconta Acito, ancora emozionato a distanza di giorni -. Non potevamo che darle quel nome e farla diventare il simbolo dell’operazione di salvataggio di quest’anno». Davide e i suoi sono attivi dal 2016 e da allora sono riusciti a mettere in salvo circa 1.200 cani. Pochi, rispetto alla grande quantità di animali che in pochi giorni perdono la vita in nome del festival, ma tanti se si pensa che sono tutti stati curati, rimessi in forze e che verranno affidati ad altrettante famiglie, in Cina e all’estero. E sono dunque 1.200 cani che condurranno una vita normale, come dovrebbe essere. Anche Davide da diversi anni vive con Wolf, uno dei primi che è riuscito a mettere in salvo nel corso delle missioni cinesi.
Non tutti in Cina consumano carne di cane e non tutti lo fanno a Yulin, una città che ora viene sempre associata a questo evento da cui eredita anche la nomea negativa. Un evento sempre più malvisto anche in patria, ma che viene comunque tollerato, perché a livello locale ci sono molti commercianti che fanno grandi affari. E se anche gli estimatori di questa carne sono una minoranza – lo rivela anche un sondaggio in loco diffuso nei giorni scorsi da Humane World for Animals, secondo cui il 90% della popolazione locale sarebbe favorevole a imporre restrizioni -, in un Paese che ha una popolazione di quasi un miliardo e mezzo di persone anche una piccola percentuale si traduce sempre in un numero elevato. La stessa Yulin, che è una città-prefettura, non è propriamente un paesino di campagna e conta quasi 5 milioni e mezzo di abitanti.
«Si sente spesso dire che il governo cinese ha cambiato rotta e che le cose stanno cambiando – spiega Acito -. Ma si tratta quasi sempre di propaganda. Dire che la carne di cane non è tra quelle considerate ad uso alimentare, come ha fatto il ministero dell’Agricoltura, non serve a molto se poi la prescrizione non viene fatta rispettare». E il festival di Yulin è proprio lì a dimostrarlo. Anzi: vista la cattiva fama che l’evento porta alla Cina che prova ad accreditarsi come Paese moderno, vengono viste con molto fastidio le iniziative che le associazioni internazionali come Apa portano avanti, che fanno invece emergere una verità scomoda. Gli stranieri presenti nell’area nei giorni dell’evento vengono controllati e schedati dalla polizia. «Negli anni scorsi è capitato anche a me – conferma Davide -. Sono stato letteralmente sequestrato per quattro giorni all’interno di un albergo e sorvegliato. Capita agli attivisti di tutte le associazioni, soprattutto agli stranieri ma a volte anche a quelli locali». Che ci sono e hanno un ruolo fondamentale nelle azioni di salvataggio, contribuendo alla raccolta di informazioni, alla logistica, alla sensibilizzazione e al coinvolgimento della popolazione.

Per liberare gli animali occorre convincere le persone che lavorano nei mattatoi a dare una mano. E possono farlo solo altri cinesi. «Noi per avere più possibilità di riuscita – racconta ancora Acito – cerchiamo di anticipare i tempi e di arrivare prima che si accendano i riflettori sulla kermesse e abbiano inizio i commerci». Agire durante la fase preparatoria, insomma, quando le slaughter house si riempiono di animali in vista della grande mattanza che però ancora non è iniziata.
Si prova anche a lavorare sulla comunicazione, con il coinvolgimento di personalità che facciano capire cosa c’è dietro la cosiddetta festa. Perché il punto non è solo che cani e gatti sono animali d’affezione, ormai sempre di più anche in Estremo Oriente. Ma soprattutto per denunciare che quelli che finiscono sui banchi di vendita sono spesso cani di villaggio o cani sottratti alle famiglie, rapiti da gruppi criminali. Quindi consumare quella carne significa alimentare anche questi traffici. Ma la comunicazione viene usata anche sul fronte opposto e sono sempre di più, in quest’epoca social, gli influencer che vengono invitati dagli organizzatori e che con i loro reel e le loro storie finiscono col creare curiosità attorno all’evento. «Il risultato è che anche chi non aveva mai mangiato carne di cane – spiega l’attivista italiano – a volte si lascia tentare e viene a fare un giro anche solo per provare un’esperienza nuova e poterla raccontare».

Il commercio di carne di cane, in questa e in altre aree periferiche della Cina, è una realtà che prosegue per tutto l’anno, non limitata ai giorni del solstizio. Ma negli altri periodi il fenomeno resta limitato perché questa tradizione gastronomica ha sempre meno appeal nella popolazione. Il marketing dei «carnefici» sui grandi numeri però funziona. Basti pensare che lo stesso festival n origine era dedicato ai lici (chiamati anche leechees o lytchees), quei piccoli frutti dalla polpa bianca e con un guscio rosa rigido e punzonato che dalle nostre parti compaiono di solito nel periodo di Natale. La trasformazione in «Festival della carne di cane» è avvenuta solo nel 2009, con appunto un’operazione di puro rebranding che all’atto pratico sembra avere funzionato.
«Noi in ogni caso non ci fermiamo e continuiamo a raccontare quello che succede, così come fanno altre organizzazioni – assicura Acito -. Se vogliono una battaglia di opinione siamo pronti a farla. I tempi sono maturi per vincerla. In Cina ci sono città come Shenzhen e Zhuhai che hanno vietato il commercio di carne di cane, imponendo sanzioni pesantissime ai trasgressori. I risultati non sono mancati, il mercato è crollato. Chiediamo al governo cinese di avere coraggio e di ripetere quel modello su scala nazionale». Anche per una questione di salute pubblica, perché la maggior parte dei cani che finiscono a Yulin sono tenuti per giorni in condizioni disumane, in gabbie sovraffollate, senza acqua e cibo, e sviluppano malattie che regolarmente si passano a vicenda. «Tutti gli animali che noi salviamo vengono portati in centri di raccolta dove vengono visitati e curati – spiega Davide -. Quasi tutti hanno cimurro e parvovirosi, malattie che in Italia quasi non sappiamo neppure più cosa siano». La pandemia da Covid-19 ha insegnato molto bene cosa può succedere quando animali malati e esseri umani stanno troppo in contatto. I cani salvati da Apa vengono tenuti in quarantena e solo quando sono guariti possono essere affidati.
È quello che accadrà anche a Mama e ai suoi cuccioli, quando avranno superato il periodo di svezzamento e saranno pronti per affrontare quella vita che rischiava di essere loro negata. «Partorirà in una vera sala parto per animali -racconta commosso Davide – e si godrà in pieno quel momento, come tutte le mamme dovrebbero fare. Mi piace pensare che sia stato un segnale l’averla trovata nel gruppo, forse è stata lei che ha fatto di tutto per esserci. Nessuno può mettersi tra una mamma e il figlio». Il festival di Yulin è la celebrazione della morte. Mama sarà quella della vita.

27 giugno 2025 ( modifica il 27 giugno 2025 | 13:27)
© RIPRODUZIONE RISERVATA