
Emmanuel Macron torna a parlare con Vladimir Putin dopo un silenzio durato quasi tre anni. Obiettivo, riprendere in mano la palla del dialogo con il Cremlino e limitare le aperture della Casa Bianca a Mosca. Una missione difficile. Sull’Ucraina, soprattutto, con un margine di manovra per il capo dell’Eliseo davvero stretto. Macron ribadisce il «sostegno incrollabile della Francia alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina» e chiede a Putin «una tregua al più presto» che permetta di «avviare negoziati fra Ucraina e Russia per una soluzione solida e durevole del conflitto».
Ma la riposta del Cremlino nelle due ore di telefonata lascia poco spazio ad aperture: il conflitto è il risultato delle politiche dei Paesi occidentali che «per molti anni hanno ignorato gli interessi di sicurezza della Russia» e hanno usato l’Ucraina come «una testa di ponte antirussa». Per arrivare ad un accordo vanno dunque «eliminate le cause alla radice» e «riconoscere le nuove realtà territoriali». Tradotto, l’occupazione deve diventare status quo.
Se Parigi fa sapere che i due presidenti hanno deciso che «continueranno a parlarsi anche su questo punto», è più sul Medio Oriente e l’Iran che emergono le convergenze. Macron e Putin sottolineano le «responsabilità di Russia e Francia come membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu» per trovare una soluzione diplomatica al nucleare iraniano che imponga a Teheran di rispettare gli obblighi del Trattato di non proliferazione, compreso l’accesso ai propri impianti degli ispettori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica. Una sponda per Mosca accusata di non aver sostenuto militarmente Teheran e che permetta di ribadire il diritto della Repubblica islamica a sviluppare un programma nucleare pacifico.
Mentre Macron aggiorna Volodymyr Zelensky sulla telefonata con Putin, sul terreno da registrare un nuovo attacco ucraino al sistema militare-industriale nelle profondità del territorio russo. L’intelligence di Kiev conferma un raid con droni nella città di Izhevsk, oltre mille chilometri dal confine, contro la fabbrica Kupol che produce i sistemi di difesa aerea Tor e Osa, nonché droni per l’esercito russo e che fa parte del gruppo Almaz-Antey, azienda sotto sanzioni del dipartimento del Tesoro statunitense dall’ottobre 2024, soggetta a restrizioni anche da parte dell’Ue. Tre morti e 35 feriti il bilancio, secondo le autorità russe.
Le forze di Mosca aumentano la pressione. Secondo un’analisi dell’agenzia Afp basata sui dati forniti dall’Institute for the Study of War (Isw) con sede negli Usa, l’esercito russo ha compiuto a giugno la sua più grande avanzata in territorio ucraino da novembre, e ha accelerato per il terzo mese consecutivo. Le truppe di Mosca hanno conquistato 588 chilometri quadrati di territorio ucraino, dopo 507 a maggio, i 379 di aprile e i 240 di marzo. Il tutto mentre Mosca ha ammassato 50.000 soldati a meno di 20 chilometri dalla città di Sumy. Una situazione che Donald Trump sta «seguendo da vicino» ma che non sembra preoccuparlo («vediamo cosa succede») mentre da Washington arriva la notizia che il Pentagono ha sospeso le spedizioni di alcuni missili antiaerei e altre munizioni di precisione all’Ucraina per il timore che le scorte Usa siano scese al di sotto del livello di guardia. Una decisione — scrive Politico — che era stata già presa all’inizio di giugno ma è entrata in vigore solo ora.
1 luglio 2025 ( modifica il 2 luglio 2025 | 00:05)
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