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Ma siamo gli unici a preoccuparci dell’ambiente?

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Daniele Manca / CorriereTv

Dieci anni fa sembrava una certezza acquisita: il futuro del pianeta dipende dalle nostre scelte di oggi. I disastri climatici, l’innalzamento delle temperature, la febbre della Terra erano preoccupazioni condivise dall’intera comunità internazionale. Oggi, improvvisamente, questa urgenza sembra interessare solo all’Europa, spiega Daniele Manca.
La metafora è semplice quanto allarmante: se il nostro corpo raggiungesse i 39 gradi invece dei normali 37, saremmo malati. È esattamente ciò che sta accadendo al pianeta. Nel 2015, con gli Accordi di Parigi, i Paesi firmatari si erano impegnati a mantenere l’aumento della temperatura globale ben al di sotto dei 2 gradi. Ma una delle prime mosse della seconda presidenza Trump è stata ritirarsi nuovamente dall’intesa – come già fatto nel primo mandato. Il secondo maggior produttore di gas serra al mondo, quei gas che letteralmente soffocano la Terra, ha fatto un passo indietro.
La Cina, primo contributore alle emissioni globali, ha promesso impegno ma con tempistiche molto diluite, guardando più alla leadership tecnologica e manifatturiera che alla tutela ambientale.
Resta l’Europa, che però vacilla sotto la pressione delle aziende chiamate a riconvertire le proprie produzioni. Molte sperano in un allentamento dei vincoli, cercando scorciatoie che potrebbero costare carissime alle generazioni future.
La prossima prova del fuoco sarà dal 10 al 21 novembre in Brasile, quando si terrà la Cop 30 – la trentesima conferenza dei Paesi che, nell’ambito delle Nazioni Unite, si erano impegnati a contrastare il riscaldamento globale. Le lobby industriali lavoreranno alacremente per limitare gli impegni degli Stati.
A meno che non siano i cittadini a far sentire la propria voce.

24 ottobre 2025

© RIPRODUZIONE RISERVATA

24 ottobre 2025

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