
Va a chiamarli sotto casa, uno ad uno, col megafono: «So che siete lì, vi aspetto a scuola». Sembra una minaccia: è la chiave della loro salvezza. Luisa Ranieri è Eugenia Carfora, la dirigente scolastica che come primo incarico ha scelto un istituto di fronte a un grande centro di spaccio, a Caivano, poco lontano da Napoli. Una storia vera, un romanzo di formazione. Coprodotta da Alice nella città, sezione parallela alla Festa del Cinema che lo porterà nelle scuole, La preside è la serie di Luca Miniero: quattro puntate a gennaio su Rai 1, prodotto da Angelo Barbagallo e Luca Zingaretti, marito di una straordinaria Luisa Ranieri.
Lei, così mediterranea, sfoggia un inedito biondo.
«L’ho voluto per omaggiare Eugenia. Ma più importante è la sua gestualità, come muove le mani, i polsi in movimento, un’energia quasi infantile».
Chi è Eugenia? Una missionaria laica, una forza della natura?
«Un’eroina del nostro tempo che fa il suo lavoro bene, con amore. All’inizio la chiamavano a pazza. Al liceo Ortese di Caivano c’erano degrado, violenza fisica e psicologica, dispersione scolastica per cui su 700 ragazzi in classe entravano in 20, telecamere a nascondere tossici e drogati».
E poi c’è il contesto familiare, che sovrappone la scuola allo Stato assente.
«Da napoletana conosco bene la situazione, anche se io sono stata privilegiata. Ma le periferie sono piene di gente perbene».
La scuola di Caivano era deserta e il Comune il deserto dei tartari.
«Gli unici che aiutano la pazza sono un carabiniere, che le consiglia di essere meno severa e più morbida, e un altro professore. Laddove non esistevano né rispetto né legalità, arriva questa donna che dice: non ho tempo, c’è tanto da fare, io voglio aiutare».
Arrivano telefonate anonime, le rompono lo specchietto
dell’auto.
«Non è un biopic, e la cornice crime non è per niente centrale, abbiamo cercato toni leggeri ma non superficiali, caldi, appassionati. Quei ragazzi pensano, o meglio pensavano che per strada si imparano più cose che a scuola. Sono loro il bene primario di Eugenia, questa sua visione è un bel punto di partenza e di arrivo, per chi combatte in un territorio difficile. Ho sentito la responsabilità di dare luce e merito a questa donna, al suo coraggio di non arrendersi all’inciviltà».
Un coraggio che rasenta la follia.
«Come dice Maria Pia Ammirati di Rai Fiction, la scuola è il primo luogo di ritrovo per amicizie, amori, contrasti, un punto ineludibile della nostra crescita e per la trasformazione del paese, il baluardo di una società evoluta. Quella scuola era un microcosmo negativo, un centro di piccola criminalità. Diventa palestra di un nuovo modo di vivere e di rappresentare la vita di ragazzi che vanno verso la vita adulta. C’è la prospettiva di una vita diversa, ma i problemi in periferia restano».
E lei come madre…
«Ho due figlie adolescenti e noto che quello che vivevo io al liceo lo vivono loro alle medie: l’approccio al sesso, le difficoltà relazionali. Noi genitori dovremmo frequentare di più la scuola per capire cosa serve alle nuove generazioni».
Avete girato nella vera scuola?
«No, in un’altra di periferia, perché quella vera Eugenia Carfora l’ha trasformata. Oggi sembra un college svizzero, c’è pure un tunnel con i limoni della Costiera amalfitana, perché dice che i suoi allievi devono solo vedere il bello».
Ha incontrato la preside?
«Ho vissuto due giorni con lei. Se ne fregava che sono un’attrice famosa. Ci siamo parlate poco, mi sono messa in disparte, la sua ombra, volevo cogliere lo spirito che la muove, sono stata in ascolto a vedere il rapporto con gli studenti, l’unica cosa che le interessa è il loro bene, vuole che tutti partecipino al sogno di restituire speranza. Ho cercato di empatizzare con lei. Ha un’energia che travolge, è la forza del singolo che può cambiare il destino di tanti. Dice che non fa nulla di straordinario. Sulle testine delle sedie nell’aula dei professori ha scritto: Vieni a scuola, la tua vita cambierà».
21 ottobre 2025
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