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«Lo squalo», 50 anni dopo. Benchley: «Non avrei riscritto quel libro. Animale speciale, non va demonizzato»

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Per anni si era sentito in qualche modo colpevole, come del resto anche Steven Spielberg, che ancora giovane e non così famoso aveva diretto il film tratto dal suo libro facendolo diventare una delle pellicole più «cult» di sempre. Poi però aveva realizzato che, forse, pur con una storia drammatica e a tratti anche un po’ pulp, un contributo alla conoscenza del mare e delle creature che lo abitano l’aveva data anche lui. Di certo, vent’anni fa annotava che un libro come Lo squalo non lo avrebbe mai potuto scrivere in un’altra epoca.  Troppo diversi i tempi, troppo diverso lui, diventato nel frattempo un attivista ambientalista impegnato nella causa della salvaguardia dei mari e delle loro creature. «Non potrei mai demonizzare un animale – rifletteva Peter Benchley nell’introduzione all’edizione speciale data alle stampe vent’anni fa in occasione dei 30 anni di vita, e di successo, del libro -, soprattutto non un animale che è molto più vecchio e molto più apprezzabile nel suo habitat di quanto sia, sia stato o sarà mai l’essere umano. Si tratta di un animale vitalmente necessario per l’equilibrio naturale del mare, un animale che potremmo, se non cambiamo le nostre condotte distruttive, fare scomparire dalla faccia della Terra». 

Benchley ci aveva purtroppo preso. Oggi la maggior parte degli squali presenti negli oceani di tutto il mondo trova posto nella lista rossa delle specie in pericolo stilata dall’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn). Lo squalo toro, lo squalo pinna bianca, lo squalo orlato pinna nera e lo squalo dai denti a lancia sono considerati «vulnerabili» e con tendenza ad un maggiore declino; lo squalo grigio della barriera corallina e lo squalo Perezi sono considerati «in pericolo».  E in «pericolo critico» si ritrovano  lo squalo longimanus, lo squalo dalla pinna corta, lo squalo obsoleto, lo squalo del Borneo,  il cerdale e altri ancora. Sono 540 le specie conosciute che vivono in mari e fiumi della Terra. Una cinquantina si possono trovare anche nel Mediterraneo. 

In diverse parti del mondo lo squalo viene anche cacciato a scopi alimentari e venduto nei mercati e nella grande distribuzione, spesso senza menzionare il nome generico con cui questa famiglia di pesci è conosciuta ma limitandosi quelli della specie, come verdesca o palombo, spinarolo, che nei consumatori poco attenti o poco informati non suscitano particolare emozione. In tanti comprano e consumano squalo senza saperlo. Un fenomeno di enormi proporzioni, come hanno raccontato nel loro docufilm i fratelli Andrea e Marco Spinelli, biologo il primo e videomaker il secondo, che con «Shark Preyed» hanno provato a svelare la realtà che si nasconde dietro a questo commercio nascosto, ricevendo anche minacce da parte di chi vuole che questa realtà resti confinata al chiuso dei depositi ittici. 

Lo scrittore newyorkese, scomparso nel 2006, ha scritto in quella che lui stesso ha definito la sua «seconda carriera», numerosi articoli per il National Geographic, cercando di trasmettere ai lettori la conoscenza e la passione per il mare e per chi lo abita, partendo soprattutto dal concetto di rispetto, a partire per quello dovuto ai re degli abissi, gli squali appunto. «Dopo tutto quello che ho ricevuto da loro – diceva – se non provassi a restituire qualcosa mi sentirei un ingrato». Adesso è la moglie Wendy a portare avanti la sua eredità ambietnalista. «Lo squalo spaventava a morte le persone – ammette oggi Wendy Benchley, che ha firmato l’introduzione all’edizione del cinquantenario, in libreria in Italia per Salani -. Purtroppo alla fine degli anni Settanta scatenò un’ondata di caccia indiscriminata e tornei di pesca sportiva i cui partecipanti esibivano con orgoglio squali morti come trofei. Io e Peter eravamo inorriditi di fronte a questo impulso di ucciderli». 

Fu così che la coppia decise di fare qualcosa. «Iniziammo a documentarci e a informare il nostro pubblico sulla realtà della vita degli squali, impegnandoci per cambiare la percezione che ne aveva la gente. E diventammo difensori pubblici di questi animali e della conservazione degli oceani ne loro complesso». Hanno lanciato numerose iniziative, in collaborazione con enti, istituti di ricerca e associazioni ambientaliste, per denunciare gli effetti dell’overfishing, il fenomeno dello spinnamento degli squali (animali catturati solo per le loro pinne, richieste dal mercato alimentare orientale, e poi smaltiti come scarti), per sostenere la creazione di aree marine protette. 

«Lo squalo – sottolinea ancora Wendy – ha suscitato in tutto il mondo un grande interesse per questo animale, spingendo molte persone a intraprendere una carriera nel settore e a sviluppare una consapevolezza e una comprensione, ma possiamo dire anche un’amore, che non esistevano all’epoca in cui Peter aveva scritto il libro».  Oggi che ci sono, tuttavia, si fa ancora poco per tutelare questo gigante dei mari. Gigante buono, verrebbe da dire, almeno nei confronti dell’uomo, che non è generalmente considerato una sua preda (in questo il libro, che esordisce con la descrizione minuziosa dell’attacco de dello smembramento della povera Chrissie, e anche il film che ne è seguito, hanno purtroppo giocato un ruolo). Oggi, in occasione della giornata mondiale a lui dedicata, lo squalo finisce sotto i riflettori e da più parti si prova a raccontare qualcosa di più su di lui, al di là dell’aneddotica e dei luoghi comuni. QUI, per esempio, gli esperti provano a smentire le molte fake news che ruotano attorno a questo maestoso animale. 

I tempi sono cambiati e torniamo alle parole di Peter Benchley: «All’epoca in cui lavoravo alla stesura dello Squalo il movimento ambientalista come lo si conosce oggi non esisteva. Per il grande pubblico gli oceani rimanevano quelli di sempre: eterni, invulnerabili, capaci di consumare e rendere innocua qualunque sostanza l’essere umano vi gettasse dentro.  (…) E per quanto riguarda lo squalo, la maggior parte della gente, soprattutto pescatori e sommozzatori, il vecchio detto era quasi vangelo: “L’unico squalo buono è quello morto“». 

Ma, appunto, i tempi sono cambiati. Oppure no?

14 luglio 2025

14 luglio 2025

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