
Rispetto alle Politiche del 2022, nella maggioranza si stanno consolidando due novità . La prima è che il partito di Giorgia Meloni si puntella come perno indiscusso della coalizione di destra. La seconda è che Forza Italia sta soppiantando la Lega come secondo alleato in termini di voto. È vero che tutto avviene sullo sfondo di un astensionismo così pesante da dimezzare di fatto le percentuali ottenute. Quando va alle urne meno della metà dell’elettorato, anche la legittimazione è depotenziata. Ma le Regionali stanno certificando un calo del Carroccio che sottolinea di rimbalzo la crescita lenta di FI. Difficile pensare che questa tendenza possa destabilizzare la leadership del vicepremier e ministro Matteo Salvini.Â
Di certo, però, rischia di logorarla: anche perché la scelta di puntare sull’ex generale Roberto Vannacci, macinatore di consensi alle Europee del 2024, si sta rivelando meno felice del previsto. E non perché ha creato resistenze tra i governatori leghisti del Nord, e stravolto l’identità storica del Carroccio. Né soltanto perché Vannacci, da vicesegretario e plenipotenziario in Toscana, ha ridotto le percentuali del partito ai minimi termini.Â
Il problema è che, dopo avere assaporato il potere, ora è deciso a condizionare la politica leghista; e senza avere ripensamenti sulla sua strategia estremista e filorussa. Ieri, in un video, lo ha detto brutalmente rivolto in primo luogo al partito col quale si è candidato. «Chi pensa che io mi fermi, non mi conosce. Chi pensa che mi scoraggi, sbaglia. Questi sono i risultati che mi fanno andare avanti più determinato. Grazie ai patrioti che hanno voluto sostenere la Lega…». È un approccio destinato a inasprire le tensioni tra Salvini e il resto del partito. Qualcosa si intuisce dall’avvertimento arrivato dal presidente dei senatori, Massimiliano Romeo. Pur senza citare Vannacci, Romeo ha ricordato che «va bene il contributo di chi può dare un valore aggiunto. Ma se si perdono l’identità , il territorio e la militanza, non ci si può meravigliare del calo di fiducia».
Il silenzio del resto della nomenklatura nordista non è difficile da decifrare. Basta registrare i toni poco concilianti del governatore uscente del Veneto, Luca Zaia. La conseguenza più immediata del riequilibrio nei rapporti di forza, in teoria, sarebbe quella annunciata dal portavoce di FI, Raffaele Nevi. «Il dato della Toscana ci fa gioco per ottenere maggiore attenzione sui dossier aperti nel governo». Eppure, l’esigenza di conciliare richieste contraddittorie ha portato il governo a chiedere un «contributo» alle banche di circa 4,5 miliardi di euro: una mezza vittoria di Lega e FdI. E la ricerca di un compromesso sulla «pace fiscale», eufemismo per rottamazione, dice che alcune partite rimangono aperte per non appesantire i conti pubblici.
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14 ottobre 2025
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