Home / Scienze / L’intestino «parla» con il cervello: c’è una relazione tra microbioma e rischio di deterioramento cognitivo

L’intestino «parla» con il cervello: c’è una relazione tra microbioma e rischio di deterioramento cognitivo

//?#

Un nuovo studio, condotto da ricercatori del Mount Sinai Hospital di New York City, ha individuato un legame inequivocabile tra composizione del microbioma intestinale e rischio di deterioramento cognitivo (RDC) negli adulti, sottolineando il ruolo complesso che sia i determinanti biologici sia quelli sociali, come l’insicurezza alimentare, svolgono nella salute del cervello. Questo è il primo studio epidemiologico a valutare il ruolo modificante che l’insicurezza alimentare può svolgere sulla relazione tra microbioma intestinale e rischio di deterioramento cognitivo. Lo studio, pubblicato su NPJ Aging, si proponeva di indagare il ruolo dell’insicurezza alimentare come modificatrice dell’interazione tra specifici gruppi di microbi nel microbioma intestinale e rischio di deterioramento cognitivo.

L’analisi 

Lo studio ha coinvolto 360 partecipanti adulti del Survey of the Health of Wisconsin, con dati completi su insicurezza alimentare, rischio di deterioramento cognitivo e sequenziamento dell’rRNA 16S, un test per determinare quali batteri siano presenti in un campione di feci. La ricerca ha dimostrato che gli adulti con minore diversità microbica e specifici squilibri nella flora intestinale hanno una probabilità significativamente maggiore di sviluppare deterioramento cognitivo in età adulta. Inoltre l’analisi ha rilevato che l’insicurezza alimentare – un accesso limitato o incerto a un’alimentazione adeguata sul piano qualitativo e quantitativo – si associa in modo indipendente sia a una salute intestinale più precaria sia a una riduzione delle prestazioni cognitive. «Nel 2022 oltre il 12 per cento (17 milioni) delle famiglie Usa ha sperimentato insicurezza alimentare in un momento qualsiasi dell’anno, con un aumento rispetto alla prevalenza poco superiore al 10 per cento (13,5 milioni) del 2021» puntualizza Shoshannah Eggers, docente di Epidemiologia presso il College of Public Health dell’Università dello Iowa e autrice corrispondente di questo studio. Eggers ha iniziato a lavorare a questo studio mentre frequentava la Facoltà di Medicina Icahn del Mount Sinai.

Insicurezza alimentare: un problema anche italiano 

Al di là di specifiche situazioni belliche, l’insicurezza alimentare non è comunque una questione che riguarda solo gli Usa: in Italia la difficoltà a reperire e assumere cibo di qualità, sicuro e accessibile è un fenomeno che interessa 2,2 milioni di famiglie povere, pari a 5,6 milioni di persone e 1,3 milioni di minori (cioè il 9,8 per cento della popolazione). «In ogni caso e in ogni luogo, l’insicurezza alimentare si correla in modo costante a esiti negativi per la salute, come un peggioramento della salute generale e disturbi neurologici. Comprendere le interazioni tra la salute intestinale e le condizioni sociali ci offre un quadro più completo dei fattori che espongono le persone al rischio di declino cognitivo» afferma Eggers, che è anche co-direttore del Microbial Exposomics Lab e associato dell’Environmental Health Sciences Research Center presso l’University of Iowa College of Public Health. Piccoli gruppi di microbi strettamente interconnessi (noti come clique microbiche) associati al rischio di deterioramento cognitivo sono stati identificati utilizzando un algoritmo interpretabile basato sull’intelligenza artificiale, un tipo di modello di apprendimento automatico che non solo effettua previsioni o decisioni, ma consente anche ai ricercatori di comprendere come e perché ha formulato tali previsioni. Tutte le analisi sono state stratificate in base al livello di insicurezza alimentare e corrette per fattori confondenti rilevanti, come età, indice di massa corporea e fumo.

Supporto dietetico e terapie mirate 

I ricercatori hanno identificato due clique microbiche le cui associazioni con il rischio di deterioramento cognitivo erano modificate dallo stato di insicurezza alimentare. I diversi risultati tra i gruppi con maggiore o minore sicurezza alimentare potrebbero essere di particolare importanza nella progettazione di interventi microbici per contrastare il deterioramento cognitivo, poiché lo stato di sicurezza alimentare può alterarne l’efficacia.
«Questi risultati suggeriscono che l’insicurezza alimentare non è solo una questione socioeconomica, ma potrebbe essere anche un problema biologico, influenzando la salute del cervello condizionata da cambiamenti nel microbioma intestinale» conclude Vishal Midya docente di Medicina Ambientale presso la Facoltà di Medicina Icahn del Mount Sinai Hospital e autore senior dello studio. «Il deterioramento cognitivo, dalle forme più lievi fino alla demenza, è in aumento, soprattutto tra gli anziani, ed è dovuto soprattutto all’invecchiamento della popolazione. Futuri studi disegnati per indagare sulle cause dei problemi cognitivi dovrebbero considerare l’insicurezza alimentare come un possibile fattore contribuente». Lo studio sollecita approcci di salute pubblica più integrati che tengano conto sia dell’accesso nutrizionale sia della salute intestinale. Apre inoltre la strada a futuri interventi che combinano supporto dietetico e terapie mirate al microbioma per ridurre il rischio di demenza, in particolare nelle popolazioni vulnerabili.

25 giugno 2025

25 giugno 2025

Fonte Originale