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L’incontro tra Mattarella e il Papa: le battute di Zuppi, i ministri schierati. E Leone in anticipo «stressa» gli staff

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È la prima visita ufficiale di Leone XIV al Quirinale da inizio pontificato e forse, nella storia dei rapporti tra gli inquilini della Santa Sede e quelli del Colle più alto, è anche la prima volta che il Pontefice arriva con (largo) anticipo. Il protocollo concordato sin nelle virgole dai rispettivi staff è rigidissimo. L’appuntamento è fissato per le 11, ma alle 10.40, quando Sergio Mattarella ha appena finito di scrivere il messaggio di «sconcerto e profondo dolore» per i tre carabinieri morti in provincia di Verona, gli obiettivi dei fotografi già immortalano la cotta, la stola e la mozzetta rossa di papa Prevost. Per la macchina del cerimoniale è uno stress imprevisto, eppure fila tutto liscio e al Quirinale c’è anche chi legge la sorpresa come un «segno di grande rispetto».

Ecco, nel pieno sole del cortile d’onore, materializzarsi in diretta tv i 12 corazzieri in moto e i 32 a cavallo e il presidente che va incontro all’ospite venuto da Oltretevere: «Beatissimo padre». Dopo le note degli inni nazionali pontificio e italiano, Leone XIV e Mattarella raggiungono la sala del Bronzino per le foto ufficiali e la presentazione delle due delegazioni. Per il Pontefice ci sono il segretario di Stato vaticano Pietro Parolin e il presidente della Cei, Matteo Maria Zuppi, mentre il governo italiano è rappresentato da Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Alfredo Mantovano.

Nella Sala delle Feste, tra le tende rosse e i lampadari che grondano cristalli, Matteo Salvini arriva per ultimo. Non è in ritardo, è che si è fermato a parlare fitto per lunghi minuti con Giorgia Meloni. La premier è appena tornata dal vertice sulla pace a Gaza in Egitto, dove ha incassato i complimenti di Donald Trump («Sei bellissima») e ora siede tra Ignazio La Russa e il cardinale Matteo Maria Zuppi. Il presidente della Cei è stato assediato dai giornalisti, con il cerimoniale che implorava di lasciarlo in pace: «Vi prego, qui niente interviste». Gli chiedono del piano di pace per Gaza e Zuppi, mimando ago e filo per cucirsi la bocca, scherza con il vicario generale della diocesi di Roma: «Di questo parla solo il cardinale Baldassare Reina». E giù risate sull’assonanza con Totò Riina, il boss mafioso più sanguinario di sempre.

I leader delle opposizioni non ci sono, i ministri invece ci sono tutti, baci e pacche sulle spalle. C’è l’ex premier Mario Monti e c’è il vice di Antonio Tajani alla Farnesina, Edmondo Cirielli, molto corteggiato dai colleghi perché ha accettato di «immolarsi» per la sua Campania. È gasatissimo, dice che i sondaggi lo danno al 47% e che la «partita tra me e Roberto Fico è assolutamente aperta». Tutti zitti. Entra Mattarella, prende posto di fronte alle bandiere della Città del Vaticano, dell’Europa e dell’Italia e indica a papa Leone XIV la poltrona gialla e oro alla sua destra.

È il presidente a intonare, tra le righe, la reprimenda alle forze politiche dopo i giorni dello scontro su Gaza, dei «cattivi maestri», di Meloni che ha paragonato la sinistra ad Hamas e di Schlein che ha risposto invitando, si fa per dire, la premier a deporre «la clava». La pace «comincia da ognuno di noi», esorta il capo dello Stato citando Prevost. E sferza, chiedendo a tutti di abbassare i toni: «È essenziale disarmare gli animi e disarmare le parole». Un appello rivolto alle minoranze, quanto al governo: «Una responsabilità specifica spetta ai decisori politici e a quanti influenzano l’opinione pubblica, nel rifuggire dall’esaltazione dei contrasti piuttosto che nel coltivare dialogo e reciproca comprensione».


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15 ottobre 2025

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