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L’ideologo di Putin: «Noi russi in guerra con l’Europa. A Trump fermarci non conviene: si arricchisce, prosciugando voi»

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MOSCA – «Un grande Paese ha bisogno di una ideologia di Stato. Altrimenti non è niente. E quando la perde evapora la nazione stessa. L’antica Roma ce l’aveva, l’Italia di oggi no. Forse è per questo che da molti secoli non siete un grande Paese». 

Non devono ingannare Le quattro stagioni in sottofondo, «Vivaldi è il mio compositore preferito, quindi io amo l’Italia», il gatto che ronfa sugli scaffali della libreria, il tè offerto dalla segretaria e l’aria affabile del padrone di casa, che ci riceve nel suo ufficio alla Hse, la facoltà di Economia e Affari internazionali che molti considerano come l’incubatrice della nuova classe dirigente russa. 

Sergey Karaganov è capace di dire cose tremende sempre con il sorriso sulle labbra, un sorriso che non si capisce bene se frutto di una naturale gentilezza o del compatimento verso l’interlocutore, un altro europeo incapace di comprendere il nuovo mondo. «A prescindere da quello che legge, invece Vladimir Vladimirovich capisce quello che dico, e io capisco quello che lui pensa»

Al Forum economico di San Pietroburgo dello scorso giugno non era sfuggito a nessuno l’elogio del professor Karaganov fatto da Putin in persona, accompagnato persino da una pacca sulla spalla. «Mi ha fatto piacere. Credo che lui sia d’accordo con la mia visione del mondo». 

Le coordinate di Karaganov, politologo, uno dei fondatori del Valdai Club alle cui riunioni Putin prende parte regolarmente, sono contenute in un testo di pochi mesi fa, Il sogno della Russia nel XXI secolo, dove propone l’adozione di una ideologia statale nel suo Paese, una sorta di nuovo collettivismo spirituale nel cui nome devono essere sacrificate le libertà individuali. Non si conosce l’opinione di Putin sul saggio di Karaganov. Ma il fatto che sia stato pubblicato sul sito del ministero degli Esteri e in quello del Consiglio di sicurezza è già un indizio. 

«Gli Usa non rappresentano il peggio della civiltà occidentale. Sono molto più razionali di voi europei — nel nominarci, il sorriso di Karaganov diventa una smorfia di disgusto — e quindi diventa più facile trattare con loro. Ma Donald Trump non ha interesse nel fermare la guerra in Ucraina, se non quello della vanagloria personale, a meno che non vi sia una escalation verso un disastro totale, un fiasco come quello dell’Afghanistan, oppure un incidente nucleare. Lui e l’America ne stanno traendo beneficio, prosciugando l’Europa, spogliandola delle sue risorse, facendosi pagare per tenere in vita Kiev. Perché mai dovrebbe fermare tutto?». 

L’idea di Karaganov per concludere il conflitto ucraino è quasi irriferibile. Nell’estate 2023 sostenne la necessità di lanciare una testata nucleare sulla Polonia. «Era un paradosso. Io dicevo solo che bisogna reinstallare il sentimento della paura nel genere umano, che ha completamente perso il timore di Dio e della guerra. Per questo dico che se voi ci attaccaste, dovremmo rispondere con l’atomica. Io spero nella pace, e sono grato a Putin e Trump per i loro sforzi. Ma i vertici e le strette di mano non bastano. A cominciare dagli Usa, tutti devono capire che noi non stiamo combattendo contro l’Ucraina. La nostra è una guerra contro l’Europa unita. Contro l’Europa di Napoleone e Hitler. Le vostre élite hanno perso ogni forma di credibilità e di autorità, e per questo cercano una guerra contro di noi. Per fermarle, potrebbe essere necessario uno choc». L’osservazione sul piccolo dettaglio che la Russia ha invaso uno Stato sovrano si perde nell’esposizione della sua ideologia statale, che sembra piacere anche a Putin e sembra pensata in contrasto alla discutibile idea del nostro continente, condivisa da entrambi. 

A settant’anni suonati, dopo aver scritto discorsi per Breznev e per ogni altro presidente russo, «tranne Gorbaciov, del quale non condividevo nulla», dopo aver teorizzato la «Siberizzazione» della Russia, intesa come sguardo e portafoglio rivolto a Oriente, Karaganov si gode un riconoscimento tardivo derivante dall’adesione alle sue tesi da parte dell’ala più nazionalista del potere e dell’opinione pubblica russe. «Tengo a precisare che io e l’attuale presidente siamo due entità separate. Non sempre siamo d’accordo. Lui pensa che la fine dell’Urss sia stata la più grande tragedia del ventesimo secolo, io credo invece che le due Guerre mondiali siano state molto peggio. E sono entrambe cominciate in quell’Europa che oggi è la culla dell’individualismo più sfrenato, di un consumismo contro natura che ha generato un neofemminismo nichilista, la negazione della Storia e una inaccettabile libertà dei costumi. Quello che io propongo è una idea basata sul ritorno a valori comuni, antichi e condivisi. Io ho creato una ideologia per leader veri. E se vuoi esserlo davvero, sei obbligato a limitare le libertà individuali e civili. La missione della Russia è quella di fermare il degrado dell’uomo e di liberare il mondo dalle egemonie globali. E siamo finalmente sulla strada giusta. Forse per questo Trump è affascinato da Putin. Il presidente americano sa che siamo obbligati a vincere questa guerra. Ma il tempo delle sue scelte si sta avvicinando. O sta con noi, oppure sta con l’Europa». 

17 ottobre 2025 ( modifica il 17 ottobre 2025 | 06:53)

17 ottobre 2025 ( modifica il 17 ottobre 2025 | 06:53)

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