Pochi editori, molte nuove edizioni, ostacoli alla circolazione dei libri usati, rari sconti; risultato: prezzi in aumento per le famiglie. Sono le caratteristiche dell’editoria scolastica individuate dall’Antitrust che ha pubblicato i primi risultatati della sua indagine conoscitiva sui libri di scuola. L’indagine potrebbe preludere all’adozione di rimedi strutturali per il mercato e l’autorità ha invitato le aziende interessate a inviare osservazioni sul rapporto preliminare entro la fine di settembre.
Il mercato dell’editoria scolastica
L’indagine ricostruisce anzitutto la struttura dell’editoria scolastica. Si tratta di un mercato particolare, simile nelle dinamiche a quello farmaceutico: chi sceglie i prodotti, ossia gli insegnanti non li paga, mentre chi li paga e li usa, cioè famiglie e studenti, non li sceglie. Esiste poi una differenza fra la scuola elementare, dove è lo Stato a contrattare e acquistare i libri, e le scuole medie e superiori, dove sono invece le famiglie a comprare su indicazione dei docenti. A contendersi i clienti sono principalmente quattro case editrici che nell’insieme controllano l’80% del mercato: Mondadori (32%), Zanichelli (25%), Sanoma (13,5%) e La Scuola (8%). Il mercato, nota l’autorità, è statico, con un solo nuovo ingresso (Feltrinelli Scuola) negli ultimi cinque anni.
L’andamento dei prezzi
L’Antitrust calcola che nel 2024 le vendite del settore abbiano sfiorato gli 800 milioni, in crescita del 13% rispetto al 2014, nonostante la popolazione scolastica si sia contratta del 7% fra 2019 e 2024 (ossia di quasi 600 mila studenti). L’aumento del giro d’affari è dovuto in parte significativa al rialzo dei prezzi: la spesa media per studente è salita del 4% per le medie e del 5% per le superiori, con incrementi più accentuati al Sud che al Nord. Nell’ultimo anno scolastico la spesa media teorica per studente è stata così di 580 euro per l’intero ciclo delle medie e di 1250 euro per le superiori. L’andamento dei prezzi, nota l’autorità, non è dissimile da quello dell’inflazione ma va in controtendenza rispetto al calo del potere d’acquisto delle famiglie e allo spirito della riforma del 2013 che avrebbe dovuto portare a un aumento dell’adozione di libri digitali.
I limiti all’usato
Ciò è avvenuto solo in parte perché la maggior parte dei docenti ha optato per la combinazione di libro cartaceo ed e-book (95% delle classi). Questo limita la circolazione delle copie sul mercato dell’usato perché l’edizione digitale viene perlopiù concessa in licenza d’uso temporanea e non in proprietà: vale il principio una copia-un utente che, quindi, non consente la rivendita. A ciò si aggiunge il frequente tasso di ricambio nei libri adottati – oltre il 35% delle adozioni cambia nelle classi capo-ciclo di medie e superiori – e il costante rilascio di nuove edizioni da parte degli editori, al ritmo di quasi il 10% all’anno. La definizione di “nuovo” è peraltro lasciata all’autodisciplina degli editori che nel codice Aie hanno inserito un requisito di variazione del 20% dei contenuti che, secondo l’Antitrust, è però interpretabile in maniera ampia e soggettiva, potendo anche includere modifiche grafiche.
Il tetto agli sconti
Per tutti questi motivi, il mercato dell’usato dei libri scolastici, anche se di difficile stima, vale perciò soltanto 150 milioni, cosa che riduce le possibilità di risparmio delle famiglie. Le opportunità di risparmio sono ulteriormente ridotte dalla limitazione per legge al 15% degli sconti massimi applicabili al prezzo di copertina. Questa limitazione è stata introdotta per proteggere i canali distributivi al dettaglio dalla concorrenza della grande distribuzione, riconoscendone il valore culturale. Si è però tradotta in una restrizione della concorrenza a danno dei consumatori.
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6 agosto 2025 ( modifica il 6 agosto 2025 | 08:35)
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