
Mentre in Oman i negoziatori iraniani guidati dal ministro degli Esteri Abbas Araghchi danno il via al terzo round di colloqui con la delegazione americana guidata dall’inviato speciale Steve Witckoff, arriva la notizia: «Grave esplosione al porto di Shahid Rajai, fuori Bandar Abbas».
Siamo a sud del Paese, esattamente a 1050 chilometri da Teheran, sullo Stretto di Hormuz. Quasi di fronte a Dubai. Nella mattinata, un forte boato interrompe il via vai di uno dei porti più strategici della Repubblica islamica. Un’esplosione devastante arriva fino alle casupole intorno al molo, fa esplodere vetri a chilometri di distanza, fa scappare i lavoratori in tutte le direzioni. Per ora il bilancio parla di quattro morti e oltre cinquecento feriti. Le autorità chiedono di donare il sangue. E, come sempre accade in questi casi, cercano il gruppo sanguigno 0. Sempre le autorità non forniscono spiegazioni precise e nessuno sa che cosa abbia provocato il botto che ricorda l’incidente di Beirut del 2020.
«Potrebbe trattarsi di un incidente, oppure si un sabotaggio. Troppo presto per dirlo», dice al Corriere Jason Brodsky, direttore di United Against Nuclear Iran. Che scrive: «Certo, più leggo dell’esplosione avvenuta oggi a Bandar Abbas, più mi tornano in mente le notizie riguardanti quelle navi cargo iraniane che, partite dalla Cina con componenti per missili, sono poi attraccate proprio a Bandar Abbas». E spiega: meno di un mese fa Il settimanale Newsweek, citando il sito web «Maritime Executive», ha riportato che la nave cargo «Jeyran», dopo aver lasciato la Cina, ha attraccato a Bandar Abbas. Il sospetto è che trasportasse materiali chimici utilizzati nella produzione di missili a propellente solido. Secondo questo rapporto, il carico della nave includeva perclorato di sodio, una sostanza usata nella produzione di carburante per missili. Brodsky non ha alcuna certezza, ma appena ha letto la notizia il suo pensiero è tornato a quella nave che ha destato sospetti.
I video che arrivano dal luogo dell’esplosione indicano materiali altamente combustibili coinvolti.
Mehrdad Hasanzadeh, funzionario provinciale della gestione delle crisi, alla Tv statale ha attribuito l’esplosione a «container nel porto», senza specificare. Segnalano anche il crollo di un edificio. Intanto, il ministero dell’Interno ha avviato un’indagine.
Il porto di Shahid Rajaei gestisce oltre il 55% delle esportazioni e importazioni dell’Iran, il 70% del transito portuale e il 90% del carico container del Paese.
C’è chi ci tiene a ricordare che in Iran non sono rari gli incidenti industriali, specialmente alle infrastrutture di vecchia costruzione, penalizzate dalle sanzioni internazionali che devastano l’economia del Paese.
Il presidente iraniano Masoud Pezeshkian esprime il suo «profondo rammarico e la sua solidarietà» per le vittime dell’esplosione». E Israele corre a rassicurare: «Non siamo coinvolti nell’esplosione porto in Iran».
Intanto, da Muscat arriva una dichiarazione: «L’esplosione non ha fermato i colloqui». Che sono terminati con un arrivederci a settimana prossima.
26 aprile 2025 ( modifica il 26 aprile 2025 | 16:38)
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