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Leggere in fretta: svelato il «segreto» neurologico dei lettori rapidi

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Avete sempre invidiato chi in una sola notte poteva leggere un intero libro che voi non riuscite a terminare da mesi?
Uno studio appena pubblicato su Brain & Behaviour dai ricercatori dell’Università di Madrid diretti da María José Álvarez-Alonso ha dimostrato, tramite un elettroencefalografo di connettività funzionale, che chi sa leggere così in fretta utilizza diversamente alcuni circuiti cerebrali.

«Banda beta»

Si tratta dei cosiddetti circuiti della banda beta, l’attività elettrica cerebrale compresa fra 13 e 30 Hertz che molte ricerche hanno legato al linguaggio e al controllo cognitivo. Una forte attività beta riflette meccanismi neurali più efficienti per la comprensione del testo e l’elaborazione linguistica.
Nei lettori rapidi c’è una migliore sincronizzazione beta nelle reti nervose fronto-centro-parietali, network implicati nella memoria di lavoro e nell’attenzione, capacità fondamentali per la lettura. 

Velocità di lettura e cambiamenti nelle reti neuronali

Un lettore medio può leggere circa 250 parole al minuto e il Guinness di lettura veloce spetta allo scrittore americano Howard Stephen Berg, che ne leggeva 25 mila al minuto. Si dice che, grazie a un corso di lettura rapida, anche il presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy aveva imparato a leggere 1.200 parole al minuto perché, come politico, ogni giorno doveva acquisire il maggior numero di informazioni possibile.
Migliorare la velocità di lettura induce cambiamenti nelle reti neuronali della lettura che, come i ricercatori spagnoli hanno scoperto, presentano modelli elastici di connettività funzionale influenzata da fattori come l’età, l’istruzione, la pratica, e altre, che ne evidenziano la natura dinamica.

Pensiero critico

Una rapida acquisizione dei dati di lettura consente di sviluppare un adeguato pensiero critico, fondamentale per orientarsi in ambienti informativi complessi.
Per noi che oggi viviamo in una società in continuo e rapido cambiamento e dalla crescente complessità, leggere in modo rapido e competente è essenziale per sviluppare un processo decisionale efficace con cui interpretare e sintetizzare rapidamente il flusso continuo e caotico di informazioni che ci arrivano, un’abilità sempre più importante nell’era della cosiddetta «media literacy» l’alfabetizzazione mediatica verso la quale vari studi raccomandano di promuovere fin da giovani competenze atte a sviluppare un pensiero consapevole.

Fake news 

Valutare, interpretare e rispondere ai tortuosi messaggi mediatici come le fake news dilaganti su computer e cellulari richiede capacità di decodifica e di fluidità cognitiva per le quali sin dalle prime tappe dell’istruzione occorrono interventi educativi mirati di corretta fruizione delle informazioni.

Come è stato condotto lo studio

I processi lessicali, sintattici e semantici nella lettura sono stati valutati con la batteria Prolec-Se-R in 18 soggetti, poi indagati anche su compiti cognitivi con la scala WAIS per studiarne attenzione, ragionamento, codifica e fluenza verbale.
I loro processi attentivi sono stati poi analizzati con il test d2-1998 della attenzione, che valuta molteplici aspetti come velocità di elaborazione, attenzione focalizzata, errori di omissione, coerenza delle risposte, eccetera.
Per contestualizzare i risultati dei test sono stati raccolti anche fattori demografici e livelli di valutazione scolastica.
Secondo i protocolli consolidati per questo tipo di valutazione ogni partecipante è stato sottoposto a una registrazione EEG-FC a riposo di cinque minuti con occhi chiusi e in posizione seduta e confortevole.
I partecipanti sono stati divisi in due gruppi di nove, ad alta piuttosto o a scarsa capacità di lettura: nei più giovani, soprattutto, l’efficienza verbale è risultata associata a una più spiccata attività cerebrale beta.

Eeg, nuovi utilizzi di un esame centenario

L’anno scorso la Società italiana di neurologia (Sin) ha celebrato il centenario dello sviluppo dell’elettroencefalogramma, ormai noto con la sigla Eeg, inventato dal medico tedesco Hans Berger nel 1924.
Molti neurologi si sono chiesti quali avrebbero potuto essere gli sviluppi di questo strumento che, dopo un secolo, promette ancora nuovi impieghi nella valutazione della cosiddetta «salute del cervello» travalicando la sua semplice applicazione clinica, imprescindibile in malattie come ad esempio l’epilessia.
Questo studio ne è la risposta: lo sviluppo negli ultimi anni dell’Eeg-Fc cioè dell’elettroencefalogramma a connessione funzionale promette di svolgere le funzioni di strumenti ben più complessi come la risonanza magnetica funzionale, ma con una maggiore maneggevolezza potendo descrivere con buona affidabilità modelli di attivazione e connettività neurale sia spazialmente distribuiti, sia temporalmente dinamici come sono risultati quelli implicati nella lettura.

1 novembre 2025

1 novembre 2025

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