Le vite di Vasari

di Beba Marsano Con un ciclo di mostre, Arezzo celebra il pittore. Che è stato il primo «storico» a documentare le biografie di 178 artisti, da Cimabue a Michelangelo

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Un gentleman ad alto contenuto di virtù intellettuali. Uomo avvezzo alla diplomazia delle corti — amico e consigliere dei Medici, dei Farnese, dei papi — capace di muoversi con disinvoltura nel mondo. Ecco Giorgio Vasari (1511-1574), pittore, architetto, all’occorrenza scenografo teatrale e, a tempo perso, storiografo.

Ma, a dispetto di un’attività mastodontica, il suo nome resta indissolubilmente legato alle Vite: 178 biografie d’artisti da Cimabue fino a sé stesso insaporite da indiscrezioni, pettegolezzi, adorabili malignità salottiere. Partigiano nei giudizi, venerava Michelangelo e detestava Benvenuto Cellini, personcino vizioso e rissoso, che oltre alla famosa Saliera per Francesco I di Francia vantava in curriculum ben tre omicidi. Tra i due volarono stracci. Cellini lo apostrofò pubblicamente come «porco, bestia asinina, empio botolo», Vasari si vendicò con classe e perfidia, relegandolo tra gli artisti minori per sempre.

Il successo di un long seller come le Vite — primo trattato moderno di storia dell’arte, pietra miliare per lo studio del Rinascimento, fonte irrinunciabile per schiere di studiosi, cronisti, semplici curiosi — ha messo in ombra nella visione dei posteri gli altri suoi talenti. L’attività di biografo fu, in realtà, sussidiaria. Giorgio Vasari si sentiva e proclamava pittore. E il pennello — lo documenta la grande mostra di Arezzo, città natale, per i 450 anni della morte — lo maneggiò con maestria.

Fu estremamente prolifico; il suo catalogo, suggestionato dai turbamenti visionari del Rosso, è ricco di dipinti gremiti «di molte figure» nei colori irreali e metallici del manierismo. Grandi imprese? La Sala dei cento giorni (il tempo impiegato per affrescarla) nel Palazzo della Cancelleria a Roma, sede della Sacra Rota, e la spettacolare «macchina vasariana» per il complesso di Santa Croce a Bosco Marengo: 32 tavole in un’armatura lignea di oltre dieci metri di altezza, smontata a inizio Settecento per nuove direzioni del gusto. Capeggiò la decorazione di importanti cantieri, dallo Studiolo di Francesco I al Salone dei Cinquecento entrambi in Palazzo Vecchio a Firenze. E qui progettò quello che per tutto il mondo diventerà sinonimo stesso di museo, gli Uffizi, coronati dal Corridoio concepito «in sul fiume e quasi in aria» per unire Palazzo Vecchio a Palazzo Pitti. Vasari — opinione dell’amico Michelangelo (e non solo) — fu architetto grandissimo. Suoi anche il Palazzo dei Cavalieri sede della Normale di Pisa e le Logge di Piazza Grande in Arezzo.

Giorgio si formò, ancora bambino, nella bottega aretina di un pittore di vetrate, Guillaume de Marcillat, e poi a Firenze — gli anni più belli, confesserà — sotto la guida di Andrea del Sarto. A 16 anni lo smarrimento per la morte del padre, piccolo mercante di tessuti. Miseria nera e l’inizio di una crisi esistenziale da cui si riprenderà dopo un soggiorno all’eremo di Camaldoli, nelle Foreste Casentinesi, dove respira la «perfezione che si cava dalla quiete».

Vasari riprese il volo grazie a nuovi contatti, committenze, viaggi in tutta la penisola. Ma Arezzo rimase il suo baricentro. Qui mise su casa — un palazzotto poco fuori dal centro con «orti bellissimi», oggi museo – e ne fece un’opera d’arte totale. Rivestì il piano nobile con una fastosa pellicola di affreschi dal timbro autocelebrativo e andò a viverci con la moglie, Niccolosa Bacci; sposa bambina di famiglia assai facoltosa, impalmata quando lei aveva appena undici anni e lui trentotto. Qui custodì la collezione di 2.000 meravigliosi disegni, dispersa dagli eredi dopo la morte. Ancora in situ invece l’archivio privato, inestimabile corpus di appunti, memorie, missive dai personaggi più in vista dell’epoca: di Michelangelo ce ne sono ben 17. «Credo — scrisse con orgoglio Vasari — che ci sia nessuno che possa mostrare maggior numero di lettere scritte da lui proprio, né con più affetto che egli ha fatto a me». E aveva ragione.

L’IDENTIKIT


Giorgio Vasari (1511 – 1574) è stato pittore, architetto e storiografo. Dal 1554 fino alla morte l’artista di corte prediletto del duca Cosimo de’ Medici nella Toscana della seconda metà del ’500. Vasari è famoso anche per le Vite, una storia delle tre arti figlie del disegno (pittura, scultura e architettura) raccontata tramite le biografie

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8 gennaio 2025 (modifica il 8 gennaio 2025 | 10:23)

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