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Le tre bombe sul Giappone

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Nell’estate del 1281 il sovrano giapponese Hojo Tokimune si trovò ad affrontare per la seconda volta le terribili invasioni mongole guidate dall’imperatore Kublai Khan, che voleva ridurre l’arcipelago a uno stato vassallo dell’impero delle steppe. Mentre 140 mila uomini e una flotta di migliaia di navi tentavano l’assalto decisivo, un tifone insperato si abbatté sulle forze mongole, disperdendole. Quell’uragano prese il nome di kamikaze, «vento divino», e divenne il simbolo della provvidenza delle divinità protettrici del Sol Levante contro i suoi nemici.

Sei secoli e mezzo più tardi, nell’estate del 1945, per i generali e i colonnelli dell’esercito imperiale giapponese sembra arrivare un nuovo aiuto dal cielo che potrebbe, forse, cambiare il destino della guerra in corso. Si tratta di un’arma sconosciuta fino a quel momento, vagheggiata solo dai fisici teorici in oscuri e poco sovvenzionati programmi di sviluppo: una Genshi bakudan, una bomba atomica. Proprio questo ordigno è l’innesco di Daikon, romanzo di Samuel Hawley (in uscita martedì 8 luglio da Silvio Berlusconi Editore) che adopera i meccanismi della storia alternativa militare per innestare un «what if» immaginifico sul tessuto drammaticamente reale del Giappone in guerra.

Ribaltando ciò che in parte davvero accadde, nella finzione del romanzo il bombardiere statunitense B-29 che doveva colpire Hiroshima rinuncia all’obiettivo per condizioni meteo avverse, puntando quindi sulla città portuale di Kokura, ma qui viene abbattuto dai caccia giapponesi. Il carico dell’aereo, recuperato intatto, finisce nella vicina base navale di Hikari ed è messo a disposizione dello scienziato Keizo Kan, caposquadra del deludente progetto Ni-Go sulla fattibilità dell’arricchimento dell’uranio a scopo bellico.

Il temperamento di Keizo Kan è rimasto quello di un uomo mite, nonostante la guerra l’abbia devastato nei suoi affetti più cari. La figlia, Aiko, è morta durante il terribile bombardamento di Tokyo, mentre la moglie è stata arrestata dalla spaventosa Polizia del Pensiero, la Tokko. Noriko ha infatti la colpa di essere nata in America e, insieme, di aver rifiutato le avance di un superiore nel suo posto di lavoro, una trasmissione radio in inglese per la propaganda bellica e la guerra psicologica.

Sarà proprio l’amore per Noriko e la speranza di saperla in salvo a convincere Kan a studiare la bomba per l’esercito: grazie alle rassicurazioni sul fatto che verrà presto scarcerata, lo scienziato può affrontare ciò che fino a poco tempo prima non riteneva possibile. La scienza diventa quindi il mezzo per esplorare la natura, pur se nelle sue ipotesi distruttive: «Nella fisica c’era la bellezza, un modo per vedere la sublime simmetria della natura. La fisica era immutabile, leggi universali che racchiudevano lo spazio e il tempo e governavano tutto ciò che esisteva. Ma soprattutto nella fisica c’era il mistero».

Intanto la guerra infuria e la bomba diventa l’oggetto del desiderio dei più alti ranghi militari giapponesi: l’arma nucleare potrebbe cambiare le sorti del conflitto proprio quando la resa giapponese comincia a essere una possibilità. Così Kan e il marinaio di origini coreane Yagi, nonostante comincino a soffrire gli effetti fisici delle radiazioni, cooptati da superiori senza scrupoli, lavorano per rimandare la bomba nel campo avversario e farla esplodere su Tinian, o su San Francisco. Intanto Nagasaki e Hiroshima vengono rase al suolo, e la storia alternativa rientra nei ranghi, mostrando l’orrore di una devastazione nucleare del tutto reale. Le vicende umane dei protagonisti, con i loro dubbi morali, la paura del sacrificio finale e l’adesione ai comandi militari, si intrecciano con quella che sembra la vera psicologia di un personaggio che getta le sue ombre anche sulle pagine in cui non viene nominato: la bomba stessa.

L’ordigno, dal peso di quattromilatrecento chili, e simile nella forma a un ravanello bianco, un daikon appunto, è un’entità che viene scandagliata, esplorata e frugata fin nei più minimi recessi, quasi a giustificare la plausibilità delle premesse iniziali. Sappiamo tutto di lei, del suo innesco, delle sue possibilità teoriche, del funzionamento delle sue anime di uranio e del loro potenziale scontro. Sembra quasi che, descrivendola, la bomba venga blandita, convinta a passare dall’altro lato della trincea, e che la scienza e la tecnica vengano usate come preghiere rituali di conversione a un potere completamente divino. Alla stregua dell’evocatio dei generali romani che, di fronte alle mura di Cartagine, pregavano per convincere Giunone ad abbandonare la città e a unirsi al pantheon degli dèi di Roma, i militari giapponesi vogliono usare l’arma per un duplice scopo: evitare che venga accolta la Dichiarazione di resa di Potsdam e infliggere al nemico ciò che il loro Paese ha appena subìto. È qui, nel momento estremo dei kamikaze, non più venti ultraterreni ma guerrieri suicidi, che l’umanità dei personaggi di Hawley emerge con forza, pur in un rapido crescendo di tensione narrativa orientata all’intrattenimento.

L’autore di Daikon, Samuel Hawley, figlio di missionari canadesi, è nato e cresciuto in Corea del Sud, e ha lavorato per più di vent’anni in Giappone, occupandosi della sua storia e della sua società. Come spiega nella nota finale, il libro (tradotto da Sara Crimi e Laura Tasso) prende le mosse da eventi storicamente documentati fin nel dettaglio: nella finzione scenica ogni elemento e ogni personaggio hanno un contrappasso nella realtà storica. In un momento in cui i concetti di deterrenza e destino del mondo tornano drammaticamente d’attualità, è impossibile non scorgere in questo libro il bagliore delle nuove guerre: tra le pagine emerge con forza e fa riflettere la bomba vista come necessità teleologica, data per acquisita. Nel romanzo, infatti, il terrore sembra risiedere nell’inevitabilità della sua stessa esistenza, quale fondamento implicito di ogni equilibrio geopolitico.

È proprio qui, dunque, nell’intersezione tra futuro e la sua negazione, tra realtà storica e finzione narrativa, che pulsa ancora, spaventoso, il cuore nucleare di tutte le cose.

Il volume

Daikon di Samuel Hawley, tradotto da Sara Crimi e Laura Tasso, è da martedì 8 luglio in libreria (Silvio Berlusconi Editore, pp. 468, euro 22). Samuel Hawley, canadese , è nato nel 1960 a Busan, in Corea del Sud, da genitori missionari della United Church of Canada. Ha insegnato in Corea e in Giappone per 20 anni. Vive a Istanbul. Daikon è il suo primo romanzo

7 luglio 2025 (modifica il 7 luglio 2025 | 11:27)

7 luglio 2025 (modifica il 7 luglio 2025 | 11:27)

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