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Le ricadute delle divergenze nel governo sull’Ucraina

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C’è da chiedersi per quanto tempo ancora il doppio binario di FdI e FI e della Lega potrà continuare a correre in parallelo sulla politica estera. Il tema riguarda naturalmente anche le opposizioni, e cioè le distanze tra Pd (e al suo interno) da una parte, e M5S e Avs dall’altra. La differenza, non piccola, è che la destra governa l’Italia, i suoi avversari no, pur aspirando a farlo. E questo mentre le tensioni tra Ue e Russia aumentano. Le bordate che arrivano dal vicepremier Matteo Salvini e da Roberto Vannacci, uno dei suoi vice, contro Ucraina e Europa si intensificano.

E nonostante in Parlamento la maggioranza non si rompa, e certe uscite anti europee siano accolte dal silenzio gelido di molti governatori leghisti, il tema rimane sullo sfondo. Finisce per gettare un alone, se non di ambiguità di eccessiva prudenza, anche su Palazzo Chigi. Il tema è delicato, perché chiama in causa la tenuta del governo. In più, si ha l’impressione che la Lega giochi i rapporti internazionali soprattutto sul piano interno. Forse per questo la premier Giorgia Meloni e l’altro vicepremier, Antonio Tajani, europeista, evitano di chiarire fino in fondo.

L’esecutivo si mostra determinato a usare il suo peso, grande o piccolo che sia, a sostegno dell’Ucraina, accompagnato e garantito dal Quirinale. E questo è riconosciuto a Palazzo Chigi come un merito in termini di coerenza e di lealtà alle alleanze continentali. Ma la presenza di un partito della coalizione pronto in ogni occasione a lodare Vladimir Putin e denigrare Ucraina e Ue è destinata a inserire elementi costanti di ambiguità nel profilo governativo.

C’è chi sostiene che una forza di ultradestra come la Lega permette a FdI di presentarsi come bastione moderato e argine all’onda sovranista in ascesa in Europa. In più, la stabilità del governo smentisce sia le previsioni dell’isolamento dell’Italia; sia chi, dall’opposizione, addita le ambiguità della maggioranza senza voler vedere le proprie. È una lettura che riflette in buona parte la realtà. La questione è quanto può andare avanti: soprattutto se i rapporti tra Federazione Russa e Ue peggioreranno fino all’orlo di un conflitto.

In fondo, la stessa domanda si pone davanti al sordo braccio di ferro sulle Regionali tra FdI e Lega, con gli alleati divisi dal tatticismo. Ma intanto fa sapere che il Carroccio non lascerà la presidenza di nessuna delle regioni in cui governa. Significa Veneto, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia. E significa un «no» preventivo alle ambizioni del partito della premier di superare una situazione che, voti alla mano, sopravvaluta il ruolo della Lega al Nord. Di nuovo, sembra un modo per tirare quanto più possibile la corda della trattativa. Ma prima o poi potrebbe finire.

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11 settembre 2025

11 settembre 2025

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