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Le reticenze del Parlamento e l’allarme del Quirinale

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È più unito uno schieramento che si presenta in Parlamento con cinque mozioni diverse sulla politica estera, o uno che non ne presenta nessuna? Il dilemma può apparire surreale, nel momento in cui il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, evoca un clima da guerra mondiale come nel 1914; e chiede un sussulto all’Europa per fronteggiare le minacce provenienti dalla Russia. Ma il dilemma riflette quanto è successo ieri in Parlamento nella discussione sul sostegno all’Ucraina e sul riarmo europeo. E fotografa schieramenti distratti dalle polemiche sulla giustizia e dalle candidature alle Regionali.

Le opposizioni si sono presentate in ordine sparso. Sono d’accordo contro Israele e sul «no» all’aumento delle spese fino al 5 per cento del Pil. Ma «abbiamo ancora una differenza», ha ammesso la segretaria del Pd, Elly Schlein. Non da poco: proprio sull’Ucraina. M5S e Avs sono contro la Commissione Ue e la Nato; e inclini a una vistosa indulgenza verso la Russia. Il Pd ha votato la propria mozione e si è astenuto su quelle alleate. Eppure, secondo Schlein, «sulla politica estera abbiamo dimostrato di essere molto più uniti rispetto al governo Meloni».

Motivo? Non c’è stata «una mozione del governo perché è molto diviso sulla politica estera». Pesano senz’altro i distinguo non nuovi della Lega di Matteo Salvini, che martedì ha votato a Bruxelles con il M5S contro l’accelerazione dell’ingresso dell’Ucraina nell’Ue. Ma ieri il Carroccio si è guardato bene dall’associarsi alle mozioni contro il governo. La realtà è che le divisioni attraversano entrambi gli schieramenti. E indeboliscono l’Italia.

Non le cancella la sintonia delle sinistre contro la politica di Israele nella Striscia di Gaza, e la solidarietà con la flottiglia dei propalestinesi colpita da alcuni droni. Anzi, il rischio è di trasformare un’indignazione sacrosanta in un diversivo rispetto ai bombardamenti in Ucraina. Gaza unisce le opposizioni, la Russia e l’Ue le dividono: per questo preferiscono insistere sul conflitto mediorientale. Ma spaccano anche le destre. Per l’esecutivo la questione, infatti, è simmetrica.

Riarmo europeo, rapporti con l’Ue, crisi del macronismo in Francia, droni russi contro la Polonia dividono FdI e FI dalla Lega. «Di certo non vogliamo la guerra con la Russia», avverte Salvini. E si associa al suo vice Roberto Vannacci nella preferenza per Vladimir Putin rispetto al presidente ucraino Volodymyr Zelensky: proprio mentre Mattarella lancia l’allarme sul pericolo rappresentato da Putin. Ma nessuno vuole la guerra con la Russia. Il problema è come evitare che sia Mosca a dichiararla di fatto all’Europa, arrendendosi alle sue aggressioni.

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10 settembre 2025

10 settembre 2025

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