Home / Esteri / Le «proteste della Generazione Z»: il podcast speciale in memoria di Maria Grazia Cutuli

Le «proteste della Generazione Z»: il podcast speciale in memoria di Maria Grazia Cutuli

//?#

Fare arrivare in Italia la voce giovani che cercano di costruirsi un pezzettino di futuro – specie in contesti dove il futuro sembra allontanarsi – è un modo di onorare il lavoro di Maria Grazia Cutuli. Per questo, in occasione dell’anniversario della morte della giornalista del Corriere, uccisa dai talebani in Afganistan il 19 novembre del 2001, esce un podcast speciale dedicato alle «proteste della generazione Z» in diversi Paesi del Sud globale.

Si tratta di un fenomeno complesso, dove ogni nazione rappresenta una storia a sé: la scintilla è scoppiata in Sri Lanka, già nel 2022, col movimento Aragalaya (ovvero «lotta» in cingalese), che partiva da una frustrazione montante – specialmente tra i giovani istruiti ma con poche prospettive lavorative – davanti alla corruzione, alla crisi economica e alla criminalità fuori controllo. Ma da lì si sono sparse, specialmente nel 2025, in vari Paesi, lontanissimi fra loro, per storia e per geografia: dal Nepal alle Filippine, dal Marocco al Kenya, passando per il Madagascar, le Filippine fino all’Indonesia.

Eppure, c’è un filo comune: stiamo parlando di giovani (il termine «generazione Z» indica i nati dopo il 1995, o dopo il 1997, a seconda delle convenzioni) in Paesi poveri, ma dove il livello di istruzione è alto, che scendono in piazza. Per chiedere un futuro, per manifestare contro la corruzione dilagante, o la mancanza di istruzione e ospedali degni di questo nome. Tanto che, pur diverse nella forma e nelle richieste, le proteste della Gen-Z hanno un simbolo: la bandiera dei pirati… con un cappello di paglia, un omaggio al cartone animato One Piece – poi diventato serie Netflix  –  la cui storia ruota attorno alla libertà, alla sfida contro poteri oppressivi, e dove i protagonisti sono ciurma dei «Straw Hat Pirates», i pirati dal cappello di paglia.

Abbiamo affrontato l’argomento con tre testimonianze. Per lo Sri-Lanka abbiamo intervistato il filmmaker italo-cingalese Suranga Katugampala, che si era recato nel Paese dei suoi genitori proprio a ridosso delle proteste, che poi avrebbero portato alla fuga del presidente Gotabaya Rajapaksa. Uno dei dati che aiutano a capire la protesta in Sri Lanka, ha spiegato il regista, è che per la prima volta è scesa in piazza una generazione che non ha ricordo, o quasi, della guerra civile (che si è conclusa nel 2009) e questo ha consentito una partecipazione di diversi gruppi etnici, che solo qualche anno prima sarebbe stato difficile. 

Per il Marocco Alessandra Coppola ha intervistato Adam Samine, studente di giurisprudenza a Casablanca che, ad appena 18 anni, è stato molto attivo nelle proteste e con lui abbiamo approfondito la scintilla che le ha fatte scoppiare: l’indignazione per l’alto numero per morti di parto in un grande ospedale di Agadir. 

Infine, per il Nepal Alessandra Muglia ha intervistato Tanuja Pandey, 25 anni, una dei portavoce del movimento. Anche nel suo Paese le proteste hanno portato alla caduta di un governo (si è infatti dimesso il premier KP Sharma Oli), anche se Pandey assicura che c’è ancora molta strada da fare: «Il cambiamento non avviene dal giorno alla notte, richiede tempo, molto tempo».

Sullo sfondo, c’è una parte di mondo che sta cambiando, dove l’età media è molto bassa rispetto a quella a cui siamo abituati in Europa, ma che per il momento resta esclusa dal benessere economico e che ora deve confrontarsi anche con i muri che le società occidentali stanno alzando dal punto di vista migratorio.

19 novembre 2025

19 novembre 2025

Fonte Originale