
Parafrasando Lucio Dalla, l’America è lontana, dall’altra parte della ThuLa. C’è un lato oscuro della forza interista che nel botta e risposta avvelenato a distanza fra Lautaro e Calhanoglu ha portato Thuram a schierarsi con il turco (ieri c’è stato un colloquio fra l’argentino e Calha). E un like a volte nasconde dietro un mondo. O comunque un malessere che se non va ingigantito, non va sottovalutato. Anche se Thuram, dall’alto dei suoi 85 milioni di clausola resta un punto fermo e ha già parlato con il suo capitano nel confronto di martedì mattina.
È stato un anno a dir poco particolare per l’Inter con 63 partite senza trofei vinti. Ed è stato un anno anomalo anche per la coppia gol, reduce dai fasti della seconda stella al primo anno assieme, ma protagonista a targhe alterne quest’anno: il ruolo dell’argentino nella prima parte di stagione è cambiato, con Marcus più vicino all’area. Non a caso, fino a Natale, Lautaro ha segnato molto meno del compagno, anche se tra Roma, Udinese e Venezia ha fatto gol pesanti.
Poi da gennaio le parti si sono invertite e del francese si ricordano la zampata di Rotterdam e due grandi colpi di tacco, a Monaco per l’assist al Toro e a Barcellona per il gol lampo nell’andata della semifinale. Due perle di una collana fatta di 18 gol ma rimasta però troppo spesso sul comodino, anche a causa degli infortuni, prima alla caviglia e poi agli adduttori. Come Lautaro, che non ha giocato un minuto fra la semifinale di ritorno e la finale, guardando la squadra perdere lo scudetto in modo sciocco con la Lazio.
Anche Marcus è arrivato lontano dalla forma giusta al gran finale col Barcellona e si è ripresentato al Mondiale pochi minuti col Monterrey al debutto, fermandosi subito. Il francese ha potuto e voluto recuperare per esserci nella sfida col Fluminense, anche a causa dello stop di Pio Esposito. Ma la sua condizione era più che approssimativa e non si è mai prodigato in un allungo o in un contrasto: Lautaro ha sfiorato due volte il pari solo quando il francese è uscito.
Al di là di due caratteri così diversi che sono fatti per essere complementari («Lauti dovrebbe ridere di più» «Lui forse ride troppo…» lo scambio di battute nelle interviste), può darsi che a Lautaro abbia dato fastidio il freno a mano tirato dal compagno. E che oltre che con Calha ce l’avesse anche con lui. Ma Marcus, come altri, a partire da Dumfries, pretende che «le cose di squadra restino dentro la squadra».
Il Toro la mette giù sempre troppo dura e lo fa in pubblico? Mentre Marcus non ha la rabbia agonistica del campione? Una verità non esclude l’altra (senza contare che il francese a differenza del capitano è richiestissimo da stampa e sponsor anche per il suo lato modaiolo) e non esclude certo che i due tornino ad andare d’accordo. Anche se sul campo, presenti tutti e due, quest’anno hanno segnato un gol a testa solo col Feyenoord.
Il problema vero è stata la loro solitudine e la mancanza di alternative all’altezza, che è costata il campionato all’Inter e anche la Champions. Adesso l’esplosione di Pio e l’arrivo di Bonny (ancora non ufficializzato per questioni burocratiche) bastano davvero per aumentare concorrenza e qualità dell’attacco? L’importante è credere nel nuovo corso e buttarsi a testa bassa per tornare a vincere: se Lautaro ha visto qualcuno dubbioso su questo tema, allora il lavoro di Chivu e della società dovrà essere più profondo. Un gran colpo di mercato (Ederson lo sarebbe) sarebbe d’aiuto. Perché niente come l’idea di un ridimensionamento tecnico mette di cattivo umore i campioni.
3 luglio 2025 ( modifica il 3 luglio 2025 | 07:13)
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