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L’anticipazione del nuovo libro di Gramellini: «L’ultima riga delle favole era solo la penultima. E lo capii con “Il Laureato”»

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Pubblichiamo un estratto del nuovo romanzo di Massimo Gramellini, «L’amore è il perché». Qui la presentazione firmata da Elisabetta Rosaspina.

Delle favole che la mamma mi leggeva la sera per farmi addormentare, a emozionarmi era soprattutto l’ultima riga. Quell’e vissero per sempre felici e contenti che già allora intuivo essere la favola vera.

Come sai, ho cercato quella riga per tutta la vita: nelle canzoni, nei libri, nei film. Durante l’estate dell’esame di maturità pensai persino di averla trovata sulla scomoda seggiola di un cinema all’aperto dove si proiettava Il laureato.

Tornai a vederlo la sera dopo, e quella dopo ancora. Arrivando a contare le volte in cui Ben Braddock, il personaggio interpretato da Dustin Hoffman, sorride timidamente a favore di telecamera (27).

Ma qui intendo soffermarmi soltanto sulla scena finale. Quella in cui Ben si scuote dalla sua abulia per andare a rapire Elaine Robinson nella chiesa dove si sta sposando con un bellimbusto impostole dalla madre, la Mrs. Robinson della canzone omonima.

(A questo punto salta sempre su qualcuno a dire: «Ma nel primo tempo Dustin Hoffman non era andato a letto proprio con la madre?». Certo che sì, ma non conosceva ancora la figlia.)

I due amanti scappano mano nella mano — la più giovane delle Robinson con l’abito bianco ancora addosso — e salgono al volo su una corriera di passaggio. Vanno a sedersi nell’ultima fila e scaricano la tensione in una risata, incuranti degli sguardi degli altri passeggeri. Ma poi ci si aspetterebbe che si abbracciassero appassionatamente o almeno che commentassero l’esito dell’impresa con una frase memorabile.

Invece rimangono immobili e muti. Ti rendi conto?

Elaine si passa una mano tra i capelli e Ben sfodera il suo mezzo sorriso per la ventisettesima volta, mentre le voci struggenti di Simon and Garfunkel intonano The Sound of Silence.

Per lungo tempo ho attribuito al suono di quel silenzio un significato particolare. Era il rifiuto del conformismo. Era l’essenza del vero amore che per comunicare non ha più bisogno delle parole.

Era l’ultima riga delle favole.

Anch’io, come Dustin Hoffman, mi sarei scosso dalla mia abulia per andare in cerca di una storia d’amore taciturna e definitiva, senza accontentarmi mai più di niente di meno.

E ci ho provato, te lo giuro. Fino a quando, dopo anni di rumorosi tentativi andati a vuoto, mi capitò di leggere un’intervista al regista del Laureato.

Spiegava di avere fatto rimanere zitti i protagonisti per suggerire agli spettatori che la loro relazione aveva subito imboccato la parabola discendente. Sopraffatti dal calo di adrenalina e dalla paura del futuro, Elaine e Ben non avevano già più niente da dirsi.

Per questo lui si era rifiutato di girare Il laureato 2, nonostante le richieste pressanti del pubblico e dei produttori. Avrebbe dovuto raccontare lo strazio di una precoce separazione.

L’epilogo su cui avevo fantasticato rappresentava in realtà l’anteprima di un addio.

A ripensarci era evidente. Perché non avevo voluto capirlo?

È stato un trauma da cui non mi sono più ripreso del tutto. Ne trassi a fatica tre insegnamenti.

Il primo è che non bisognerebbe mai leggere le interviste ai registi dei nostri film preferiti.

Il secondo è che l’ultima riga delle favole era solo la penultima. Da qualche parte doveva essercene per forza un’altra, in grado di dare un senso a tutta la trama.

Il terzo è che forse aveva ragione mia nonna, eminente pensatrice in possesso della licenza elementare. Quando da bambino le chiedevo perché mi sbaciucchiasse di continuo, allargava le braccia e rispondeva: «L’amore non ha un perché».

13 ottobre 2025 (modifica il 13 ottobre 2025 | 08:50)

13 ottobre 2025 (modifica il 13 ottobre 2025 | 08:50)

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