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Labirinti, archeologia industriale, land art: 10 opere monumentali che valgono il viaggio

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Scheletri e figure totemiche, archetipi e feticci, architetture esoteriche e sudari intessuti di macerie. Sono le opere monumentali, le installazioni ambientali, le invenzioni magnetiche ed epifaniche di una geografia ancora sottotraccia, quella dell’arte contemporanea. Geografia che in Italia segna tappe in luoghi eccentrici, da Biella a Poggibonsi, cornice di lavori che tendono all’infinito e giocano sulle grandi dimensioni in spazi smisurati e solenni o si fondono con la magia del paesaggio. Eccone 10, che valgono il viaggio. 

Top 10 contemporaneo

Terzo Paradiso, Biella

Da lanificio a fabbrica di cultura globale. Ecco Cittadellarte, complesso di archeologia industriale trasformato da Michelangelo Pistoletto in officina di idee (mostre, incontri, progetti per il sociale) e casa dei propri lavori. Qui i quadri specchianti, una versione della Venere degli stracci e, nella vastità di un vecchio seccatoio, l’emblema su larga scala del Terzo Paradiso, riconfigurazione grafica del segno matematico dell’infinito con un terzo anello al centro quale «grembo generativo di una nuova umanità, ri-fondata sulla conciliazione tra natura e progresso».

Top 10 contemporaneo

Labirinto di Arnaldo Pomodoro, Milano

Il Labirinto? La sintesi suprema del viaggio, appena concluso, di Arnaldo Pomodoro attraverso la vita. «Luogo metaforico dell’esperienza umana», definì lui stesso questa installazione segreta, ipogea, realizzata in 16 anni (1995-2011) nell’ex capannone delle officine meccaniche Riva Calzoni. Archetipo di ogni spazio fisico e mentale, questo dedalo in fiberglass e rame è nella sua «magica controrealtà» stratificazione di misteri, di allegorie, di figure iniziatiche: dall’eroe babilonese Gilgameš a quello splendido impostore che fu Giuseppe Balsamo alias Cagliostro. 

Top 10 contemporaneo

I Sette Palazzi Celesti 2004-2015, Milano

Per l’apertura di Pirelli HangarBicocca nell’ex sede della Breda (2004) Anselm Kiefer progetta un’installazione permanente enorme e potente, intrisa di rimandi alla cabala: I Sette Palazzi Celesti. Sette torri in calcestruzzo armato dall’effetto precario – 13-19 metri di altezza, 90 tonnellate ciascuna – metafora di cammino iniziatico (il trattato ebraico Sefer hêkalôt, Libro dei santuari) e, insieme, di caduta (la Torre dei tarocchi). Il rimando alle rovine come sconfitta di ogni a(mbi)zione umana include le civiltà perdute e l’Occidente dopo la seconda guerra mondiale. Dal 2015 completano l’opera cinque tele di grandi dimensioni. 

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Muri fontane a 3 colori per un esagono, Quarrata (Pistoia)

Per il parco-museo di villa La Magia, una delle dodici residenze medicee patrimonio Unesco, Daniel Buren ha ideato un ninfeo in marmo di Carrara rigoroso e lineare (2005-11). Un esagono centrale e sei lastre radiali – nel suo motivo distintivo a scanalature verticali bicolori – da cui l’acqua ruscella per raccogliersi in vasche. A intervallare i blocchi di pietra ci sono spazi vuoti, cui Buren dà dignità di finestre spalancate sul paesaggio. Quello rinascimentale del Montalbano, antica riserva di caccia dei Medici. 

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I Dormienti, Poggibonsi (Siena)

Dal paese un viale ombroso stacca verso un luogo antico, misterioso, a lungo dimenticato: la Fonte delle Fate. Architettura in travertino a sei arcate, dimora dal 1998 dei 25 Dormienti bronzei di Mimmo Paladino, tappeto di figure fetali e coccodrilli adagiati sull’acqua che – tra muschi e ninfee – a intermittenza li sommerge o li rivela. Un’opera amniotica, carica di magia e di suggestione, amplificata dal picchiettio delle gocce sulla roccia, sottofondo alle note originali di Brian Eno. Fu creata per Arte all’Arte, progetto dell’Associazione Arte Continua, che tra il 1996 e il 2005 ha disseminato nel tessuto urbano di Poggibonsi lavori di Antony Gormley, Kiki Smith, Sarkis, per dare una svolta in chiave contemporanea a una città in crisi d’identità. 

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Calamita cosmica, Foligno (Perugia)

C’è uno scheletro colossale adagiato nella chiesa sconsacrata della SS. Trinità in Annunziata. È Calamita cosmica, scultura in vetroresina, ferro e polistirolo di 24 metri di lunghezza di Gino De Dominicis. La carcassa, dal naso a becco d’uccello, tiene in equilibrio sul medio della mano destra un’asta in ferro dorato, la calamita, quale collegamento tra terra e cielo. De Dominicis – eccentrico ed enigmatico, «egli stesso opera d’arte senza fine», disse Anselm Kiefer – la realizza nel più assoluto segreto intorno al 1988. Oggi è proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Foligno. 

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Parco di Beverly Pepper, Todi (Perugia)

Due ettari nel parco della Rocca per 20 sculture scelte dalla sua collezione privata e donate nel 2019 alla «mia Beverly Hills sulle colline umbre». Così la scultrice statunitense Beverly Pepper chiamava Todi, amato buen retiro fino ai 97 anni. Specchio della sua ricerca astratta tra il 1960 e i primi anni 2000, le opere si snodano lungo un percorso artistico-paesaggistico inframmezzato da «lunette, come ha battezzato le panchine-scultura in pietra serena del Trasimeno, concepite come punti panoramico-meditativi. 

Top 10 contemporaneo

Ave Ovo, Napoli

Nel 2005 l’archistar portoghese Alvaro Siza trasforma Palazzo Donnaregina nel Madre, museo d’arte contemporanea per il quale 12 maestri vengono invitati a concepire altrettante opere site specific. In quattro mesi Francesco Clemente crea su due sale sovrapposte l’affresco monumentale (con pavimento in ceramica) Ave Ovo. Un dilavato universo di memorie infantili, invenzioni simboliche, richiami esoterici, affollato da animali, teschi, stelle comete e da quegli dei, dice, «che hanno abbandonato Napoli da migliaia di anni». Un racconto ironico e insieme poetico, in sospensione nello spazio e nel tempo. 

Top 10 contemporaneo

Hortus Conclusus, Benevento

Nell’antico orto monastico dei domenicani oggi ci sono elmi, scudi, guerrieri, personaggi arcaici e arcani sorvegliati, sul muro di cinta, da un cavallo con maschera d’oro come quella funebre di Agamennone. Benvenuti nell’Hortus Conclusus di Mimmo Paladino (1991-92). Giardino di simboli in cui si stratificano mitologie omeriche, epopee guerriere, memorie sannite e tracce di quei riti notturni che hanno tramandato Benevento come città delle streghe. «Un luogo di meditazione», dice l’artista dell’Hortus, zona franca della fantasia per cavalcare impunemente la Storia. 

Top 10 contemporaneo

Grande Cretto, Gibellina Vecchia (Trapani)

Nella notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968 un terremoto del decimo grado della scala Mercalli polverizza la valle del Belìce. Gibellina compresa. Alberto Burri ne cementifica le macerie per fare un gigantesco, abbacinante sudario, il Grande Cretto (1984-89), solcato da una trama di fratture allusive alle vecchie strade e dispiegato sulla collina sopra l’impronta della città distrutta. Monumento alla morte e alla memoria, è l’intervento di land art più grande al mondo, teatro ogni estate delle date clou del festival delle Orestiadi.

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22 agosto 2025

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