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«La7 cresce ancora perché indipendente. Gratteri ci farà capire il sistema mafioso»

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«Sono molto sorpreso che si pensi che La7 voglia trasformare Nicola Gratteri in un anchorman televisivo. La questione è ovviamente molto diversa e affonda le sue radici in una trasmissione storica che Alberto La Volpe scrisse e ideò con Falcone, che si chiamava proprio Lezioni di mafia. La radice è quella: chiedere al procuratore più importante nella lotta alla criminalità organizzata di spiegarci un fenomeno globale che è molto diverso da un certo tipo di rappresentazione, ben lontana dal Padrino, per dirla in maniera cinematografica. Grazie al lavoro e alla partecipazione dello scrittore Antonio Nicaso, sollecitato dagli studenti universitari e dal giornalista Paolo Di Giannantonio, Gratteri regalerà al pubblico qualcosa di unico e prezioso per comprendere il sistema delle mafie». Andrea Salerno risponde così al viceministro della Giustizia Sisto che ha bollato come «inopportuno» il programma di Gratteri, una delle novità della prossima stagione di La7.

È una strumentalizzazione politica?
«Non lo so, comunque è chiaro che questa polemica si innesta in un momento in cui tra politica e magistratura c’è una certa tensione. Noi abbiamo semplicemente chiamato una persona competente a spiegare le dinamiche di certi sistemi criminali. Questo lo chiamo intrattenimento o approfondimento culturale».

Queste «Lezioni di mafie» non si sovrappongono in un certo senso anche al nuovo programma di Saviano?
«Sono due progetti con un’impostazione diversa. Saviano è un narratore, il suo compito è raccontare storie. Rispetto al passato la novità è che, con tutte le accortezze del caso, Roberto girerà anche in esterna, un segnale importante anche rispetto alla vita reclusa che è costretto a fare.

Chi è il competitor di La7? La Rete4 dei talk?
«Il competitor di La7 è La7, noi dobbiamo mantenere e semmai migliorare questo livello. La7 oggi è la terza rete in prime time, un risultato che è il frutto di un percorso lungo in cui abbiamo aggiunto ogni anno un pezzetto, con un lavoro editoriale coerente. La7 è una rete molto riconoscibile, è una casa costruita su due fondamenta che sembrano banali ma che invece sono fondamentali: è una rete libera e costruita grazie alla volontà di un editore puro, indipendente e competente. Quando Cairo prese La7, la tv perdeva 100 milioni l’anno. Ha rischiato tanto con un’idea precisa di rinnovamento».

Cosa risponde a chi accusa La7 di dare in qualche modo voce all’opposizione al governo?
«Da quando sono a La7 sono passati tanti governi, il Conte uno e due, Gentiloni, Draghi… e La7 è sempre stata attaccata. So che anche Renzi si lamentava. Quindi va tutto bene. Ognuno fa il suo mestiere: la politica faccia il suo, il giornalismo invece deve fare domande per dare agli spettatori un’informazione autorevole e credibile. Credo che bisognerebbe tornare a confrontarsi e non a scontrarsi. Il governo è il governo di tutti gli italiani, non è il governo di una parte. Le domande non fanno male».

Molti rappresentanti del governo o comunque di quell’area rifuggono il confronto: non vengono nei vostri programmi.
«Noi invitiamo sempre tutti e spero che certi rappresentanti tornino a frequentare i nostri studi come fece Berlusconi da Santoro con la famosa spolverata della sedia di Travaglio. Non trovo giusto negarsi, quindi noi continueremo a chiamarli. Lo ribadisco: La7 non è un partito politico, La7 è una rete televisiva libera, il pubblico apprezza questo credo».

Come si possono mantenere o migliorare i risultati di La7?
«In un contesto di fibrillazione e di incertezza con due guerre aperte, penso che la La7 sia diventata il punto di riferimento di chi vuole non solo informarsi, ma anche capire. Libertà e autorevolezza sono le chiavi di volta per continuare un percorso fatto di piccoli ma grandi aggiornamenti. È come per gli smartphone: tu li compri e sembrano sempre uguali ma in realtà c’è un lavoro costante a migliorare qualcosa. Succede per programmi storici come quelli di Gruber, Floris, Formigli e Zoro, a cui nel tempo si sono aggiunti Cazzullo, Gramellini e Augias. Senza dimenticare, tra le altre cose, il nostro Day Time che si è rafforzato grazie a David Parenzo e Tiziana Panella o il lavoro egregio che ora fanno in estate Marianna Aprile e Luca Telese».

Chi le piacerebbe aggiungere?
«I sogni sono tanti, Barbero e Guzzanti possono venire quando vogliono. E poi mi piacerebbe moltissimo convincere Milena Gabanelli e Enrico Mentana a costruire un evento speciale di Dataroom per poter raccontare lo stato del Paese partendo proprio dalle inchieste del Corriere della Sera».

Mentana resta?
«Come ha detto lui, spero resti a vita. È unico e lavoriamo bene assieme».

È stato in Rai tanti anni, che effetto le fa vista da fuori?
«La televisione alla fine è una cosa semplice: è quello che vedono i telespettatori, i programmi che vanno in onda. Questa è la televisione. In Rai, non solo in questi ultimi anni, si è guardato meno a questo. E forse non solo in Rai. Noi invece non so se siamo Servizio Pubblico come molti dicono, ma certamente facciamo un servizio al pubblico».

13 luglio 2025 ( modifica il 13 luglio 2025 | 07:34)

13 luglio 2025 ( modifica il 13 luglio 2025 | 07:34)

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