Il 9 luglio dello scorso anno, al Peace Memorial Park di Hiroshima, in Giappone, i massimi rappresentanti delle principali religioni del mondo, dal cristianesimo all’islam, dall’ebraismo al buddhismo, dall’induismo allo zoroastrismo, hanno sottoscritto la «Rome Call for Ai Ethics» per chiedere l’applicazione, nel campo dell’intelligenza artificiale, di una algoretica, ovvero di un’etica by design nella programmazione degli algoritmi necessari a far funzionare le macchine del futuro.
Alla call, dal momento del suo lancio il 28 febbraio 2020 a oggi, hanno poi aderito circa duecento istituzioni universitarie e alcune delle più grandi aziende tecnologiche mondiali: la lista include ad esempio Cisco, Microsoft e Ibm, vedrà l’adesione di Sale Force ma, purtroppo, non quella di Meta, Google e OpenaAi.
Dice Don Andrea Ciucci, segretario generale di «RenAIssance», la Fondazione per l’etica nell’Ai dello Stato del Vaticano, giovedì 25 settembre all’Università di Bari per la seconda puntata del viaggio di Disclaimer negli atenei italiani, che «la tecnologia non è neutra e non è nemmeno al di sopra del bene e del male, perché c’è una visione del mondo dietro a ogni progetto industriale, economico e commerciale». Di qui la richiesta alle aziende di impegnarsi ad affrontare un tema che non è solo religioso e tantomeno cattolico, ma universale, come la custodia del bene comune che è l’umanità: «Chi scrive un algoritmo — è la sintesi della Call secondo Ciucci — deve avere un approccio etico verso una tecnologia che inevitabilmente segnerà un punto di rottura con il passato».
Ne va, secondo il teologo e filosofo Vito Mancuso a cui è stato affidato l’intervento di apertura dell’incontro organizzato da Cineca e Corriere, «della nostra spiritualità intesa come libertà di pensiero». Un pensiero «che deve rimanere critico e rivolto più che al problem solving capitalistico al problem posing speculativo, cioè all’approccio filosofico che crea problemi». Tema quest’ultimo che chiama in causa inevitabilmente gli obiettivi strategici delle aziende le quali, secondo Nadia Alegiani, partner people consulting di Ey Italia, dovranno rimetter mano alla loro organizzazione interna, dato che, secondo l’Ey Ai Barometer 2025, solo il 47% dei dipendenti è a conoscenza del framework etico sull’AI della propria azienda: «Un dato piuttosto preoccupante se si considera che oggi gli strumenti di intelligenza artificiale vengono utilizzati prevalentemente per migliorare la produttività personale e quindi singolarmente dai dipendenti. L’etica dev’essere considerata un fattore chiave dell’implementazione e della gestione dell’Ai. Avere un approccio orientato all’etica nell’implementazione dell’Ai può portare reale vantaggi all’azienda sul lungo periodo».
Ma quella dell’algoretica è una sfida anzitutto formativa: «Le nuove tecnologie hanno cambiato le modalità di apprendimento e di fruizione della formazione, imponendoci una riflessione profonda sul futuro dell’education, che diventa un elemento strategico per lo sviluppo del nostro Paese» è la conclusione di Elisa Zambito Marsala, responsabile education ecosystem and global value programs Intesa Sanpaolo.
26 settembre 2025 ( modifica il 26 settembre 2025 | 09:23)
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