
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI – Una telefonata di oltre due ore tra due presidenti che non si parlavano da quasi tre anni, e dopo mesi in cui Emmanuel Macron aveva abbandonato ogni tentativo di ammansire Vladimir Putin, dandogli apertamente, e più volte, del bugiardo. Ma al di là della chimica personale — i sei metri di tavolo nel celebre colloquio al Cremlino restano una distanza incolmabile —, Putin resta il leader della Russia, e la Russia continua a far parte del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. In una fase internazionale in cui tutti parlano con tutti, a cominciare dal presidente americano Donald Trump, stava diventando paradossale che proprio la Francia rinunciasse alla sua ambizione di «potenza di equilibrio».
Nelle ore precedenti Macron ha avuto un colloquio con Trump, poi con il premier britannico Keir Starmer, quindi con Putin e chiamerà il presidente cinese Xi Jinping: i leader del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite, mai così assente e diviso come in questi anni ma utile almeno per dare un quadro, una giustificazione a questa nuova iniziativa diplomatica della Francia.
Il presidente francese è arrivato a parlare con Putin di Ucraina, il cuore del problema e la fonte di maggiore contrasto, prendendola alla larga, ovvero partendo dall’Iran. La constatazione è che i bombardamenti israeliani e americani possono pure avere danneggiato profondamente le installazioni militari (a Parigi sono in molti a nutrire qualche dubbio), ma comunque il nuovo status quo non è accettabile: prima della guerra dei 12 giorni la comunità internazionale aveva visibilità sulle attività iraniane, gli ispettori dell’Agenzia internazionale potevano visitare i siti nucleari e le videocamere riprendevano ciò che avveniva al loro interno. Non bastava per avere garanzie assolute, ma era già qualcosa. La guerra ha chiuso quella, i diplomatici soprattutto europei lamentano di non avere più alcun controllo. Gli iraniani, però, potrebbero accettare di nuovo gli ispettori Aiea in cambio della certezza di non essere sottoposti a nuovi attacchi.
Nei giorni scorsi la Francia ha fatto ricorso alla minaccia dello «snapback», ovvero il meccanismo previsto dall’accordo sul nucleare iraniano del 2015 (firmato anche dalla Russia, dal quale gli Usa di Trump sono usciti nel 2018), che prevede il ritorno delle sanzioni contro l’Iran su richiesta di uno degli Stati firmatari. L’obiettivo è convincere l’Iran a tornare alla trattativa, dopo i raid di Israele e Usa, e per questo Macron nei giorni scorsi ha più volte parlato con il presidente iraniano Masoud Pezeshkian e poi con il capo dell’Aiea, l’argentino Rafael Grossi.
È nell’ambito di questa iniziativa diplomatica sul nucleare iraniano che Macron ieri ha chiamato Putin. Entrambi si sono trovati d’accordo sulla necessità che l’Iran resti fedele al Trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari, e sul fatto che le crisi nel Medio Oriente debbano essere risolte «per via diplomatica e non militare». Il Cremlino ha poi comunicato che Putin ha insistito sul «diritto dell’Iran di sviluppare il programma di nucleare civile», diritto che peraltro nessuno contesta neanche in Occidente.
Fin qui, il dialogo è andato avanti senza strappi, e Macron allora ha colto l’occasione per affrontare anche la questione dell’Ucraina. Certo non nella speranza che una telefonata potesse ottenere la pace. Lo scopo del colloquio era riportare la Francia e l’Europa al centro della discussione, uscendo dal ruolo di spettatrici al quale le iniziative più o meno estemporanee di Donald Trump sembrano averle relegate.
Il senso della telefonata era la telefonata stessa, e soprattutto l’impegno di Macron e Putin di «continuare a scambiarsi le idee» sul conflitto in Ucraina: questo sembra essere l’unico vero risultato del colloquio di ieri sera. Una linea diretta — interrotta dopo l’11 settembre 2022, allora si parlò della centrale nucleare di Zaporizhzhia — è stata ristabilita, e Trump non sarà più il solo a vantare un dialogo con il Cremlino. Per il resto, le posizioni restano le stesse: Macron ha ribadito «il sostegno incondizionato della Francia alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina», Putin ha risposto che qualsiasi negoziato di pace dovrebbe affrontare «le cause profonde della crisi», ovvero «la politica degli Stati occidentali che da anni ignorano gli interessi di sicurezza della Russia», e Macron ha replicato di non essere per niente d’accordo proprio su queste cause profonde. Poi, il presidente francese ha chiamato l’amico Volodymir Zelensky per rassicurarlo: nonostante la ripresa del dialogo con Mosca, la Francia resta dalla parte dell’Ucraina.
1 luglio 2025
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