Adesso che per la storia di Mediobanca si apre un nuovo capitolo, la questione del modo in cui le imprese vanno finanziate, consigliate, rafforzate, ingrandite, innovate, resta intatta. Anzi. Nella sua storia controversa Piazzetta Cuccia ha svolto spesso questo mestiere. Non sempre con successo, è vero, ma in un capitalismo nazionale spesso asfittico.
Ora che il suo assetto, per la prima volta, vede un socio di controllo unico, come il Monte dei Paschi, la questione del rapporto con il tessuto industriale e con gli imprenditori diventa ancora più rilevante. È vero, in questi anni il conto economico della banca è stato legato più ai dividendi delle Assicurazioni Generali, al credito al consumo di Compass, alle commissioni di Mediobanca Premier, ma per sostenere la crescita del Paese il fulcro resta la relazione con le imprese. Il successo dell’operazione si misurerà con la capacità di offrire al sistema imprenditoriale competenze e finanziamenti. Un volta Enrico Cuccia disse che le altre banche d’affari davano consigli, Mediobanca invece prestava anche i soldi. Cosa che con Mps alle spalle potrebbe rivelarsi decisivo. Bisognerà però vedere quale sarà il disegno industriale dopo il successo dell’offerta pubblica di scambio. Se verrà fusa con Siena oppure resterà un’entità controllata con una certa autonomia.
Questo terzo polo bancario, dopo Intesa Sanpaolo e Unicredit, rappresenta in ogni caso un passaggio decisivo per il sistema finanziario italiano. Si capirà velocemente quali sono le priorità e i settori che il gruppo vorrà sostenere. E in questo, il fatto che ci sia lo Stato, attraverso la sua partecipazione dell’11% posseduto nella banca di Siena, dovrebbe essere un fattore di chiarezza per individuare i modi nei quali le imprese potranno essere affiancate in una delle fasi più turbolente da attraversare. Lo Stato in questa partita ha giocato tutti i ruoli possibili, sottraendoli al mercato. Dovrà dimostrare di averlo fatto con qualche idea di crescita del Paese, in un clima incerto non solo per le guerre, per i rischi legati all’energia, per la rivoluzione dell’intelligenza artificiale, ma soprattutto perché stiamo assistendo al più ampio passaggio generazionale di imprese mai visto in Italia.
E questo può significare due cose: che nel passaggio si vendano gruppi leader agli investitori esteri (come sta accadendo) oppure che arrivi l’occasione per creare gruppi nazionali più forti, capaci di essere leader. Questo la vecchia Mediobanca ha provato a farlo. Lì le competenze, figlie di una storia iniziata nel 1946, quando l’Italia doveva ricostruirsi, ci sono. Come nei governi si vede nei primi 100 giorni quali sono le linee direttrici, lo stesso accadrà per Banca Mps che è riuscita a realizzare un’operazione impensabile solo qualche anno fa. Ma questi sono tempi veloci, dove nessuno può immaginare di vivere di rendita. Non ha potuto farlo Mediobanca, che ha perso dopo 80 anni la sua indipendenza, ma è il momento per tutti di dimostrarsi all’altezza della storia che si porta sulle proprie spalle.
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22 settembre 2025
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