
Di questi tempi la parola drone suscita già abbastanza preoccupazioni per non dover immaginare di doversi difendere dall’intrusione – pacifica ma indiscreta – di squadriglie volanti agli ordini della polizia. Negli Usa questa potrebbe invece essere presto la realtà con la quale dovranno confrontarsi gli automobilisti, sempre che la mobilitazione partita dalla Rete non metta un freno, sotto forma di regole precise sui limiti non oltrepassabili.
Ha iniziato il Texas
Il primo esperimento risale ad un anno fa in Texas ma sono sempre di più le richieste da parte di vari dipartimenti di polizia ai principali produttori di droni da sorveglianza. La tecnologia applicata a telecamere capaci di leggere migliaia di targhe al minuto, sta a sua volta diventando sempre più comune e il risvolto meno rassicurante di tutto ciò è che un’infinità di dati personali di conducenti ignari sono quotidianamente archiviati nei server della polizia. Secondo l’Electronic Frontier Foundation – una delle principali organizzazioni no-profit impegnate nella difesa della privacy digitale – alcuni dipartimenti hanno già arruolato droni con lettori automatici di targhe.
Occhi volanti per carpire informazioni
In un momento in cui le libertà personali negli USA sembrano minacciate da più parti, EFF si batte perchè «la tecnologia dovrebbe essere al servizio di tutti, non solo dei potenti» e questa escalation nell’utilizzo dei LPR (License Plate Reader) ovvero le telecamere che leggono automaticamente le targhe, sta generando preoccupazioni e malumori. Una delle principali aziende produttrici, Flock Safety, ha dichiarato che già ora oltre 5.000 dipartimenti di polizia negli USA hanno costellato le strade di LPR posizionate su pali o edifici, registrando miliardi di letture di targhe al mese. Adesso l’obiettivo è renderle mobili, utilizzando i droni.
Dati personali e rischio di errori
Flock Safety non è l’unica, poiché anche Axon e Motorola Solutions hanno abbracciato con entusiasmo il progetto, in previsione di un boom di richieste e di facili guadagni. Un portavoce di Motorola Solutions ha infatti dichiarato che l’81% delle forze di polizia negli Stati Uniti attualmente possiede o sta pianificando un programma di droni di sorveglianza. Il nocciolo della questione è chiaramente la raccolta e la gestione dei dati sensibili: nessuno si sognerebbe di ostacolare un drone impegnato nel tracciare gli spostamenti ad esempio di un criminale in fuga, ma tutto ciò che viene rilevato sul percorso diventa parte integrante dei database. A questo si deve aggiungere un particolare di non poco conto: gli LPR commettono errori con una frequenza molto alta, portando la polizia a fermare l’auto sbagliata e – conoscendo i modi dei poliziotti americani – terrorizzare il conducente che si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Una prospettiva non rassicurante
Mappare, archiviare e tracciare quante più informazioni personali possibile, il tutto senza alcun mandato, è la direzione che sta prendendo la sorveglianza automatizzata da parte della polizia. L’EFF ha citato numerosi casi di agenti che hanno abusato dei database utilizzando il tracciamento delle targhe per rintracciare a casa propria le donne che avevano varcato i confini statali per abortire nei cosiddetti «stati santuario», ovvero quelli che si sono impegnati a mantenere l’aborto legale e sicuro non solo per le persone residenti. Il confine tra sicurezza e abuso è diventato quindi estremamente sottile e le scansioni registrate da droni, capaci di coprire porzioni molto ampie di territorio, saranno arricchite da un’infinità di dettagli personali. Si tratta di una prospettiva inquietante e l’EFF ha già invitato le comunità a chiedere restrizioni sull’uso dei droni e dei lettori di targhe da parte della polizia.
14 ottobre 2025 (modifica il 14 ottobre 2025 | 07:59)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
14 ottobre 2025 (modifica il 14 ottobre 2025 | 07:59)
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