
Milano, qualche settimana fa. Gli agenti dell’Unità tutela animali della Polizia Locale trovano in una grande catena di supermercati dei granchi blu ancora vivi, confezionati in un vassoio di polistirolo, coperto con del cellophane. La segnalazione è partita da uno dei clienti, indignato. Gli agenti parlano con il negoziante, che sostiene di non essersene accorto. I granchi erano arrivati nel punto vendita tenuti a una temperatura bassa, ma non ancora sufficiente per macellarli. Pensavano che fossero morti e quindi sono stati portati ai banchi, dove la temperatura più alta ha permesso ad alcuni di presentare ancora vitalità. È finita con una sanzione amministrativa per la vendita di crostacei vivi e la segnalazione all’autorità giudiziaria per il maltrattamento di questi animali.
Granchi, aragoste, astici, granseole. Primizie per la cucina, ma anche esseri senzienti, capaci di provare dolore e sofferenza, come dimostrato da oltre 300 studi scientifici. Solo alcuni Stati, come Svizzera e Regno Unito, li riconoscono davvero come tali nella loro legislazione e per questo li tutelano vietando pratiche come la loro bollitura da vivi. Ma la loro agonia comincia ben prima. Astici e aragoste che mangiamo in Italia provengono soprattutto dal Canada. Da quando vengono pescati sui fondali profondi passa qualche giorno prima che arrivino in tavola. Un tempo in cui questi animali solitari vengono tenuti ammassati in acquari, poi conservati a basse temperature («congelati» ma non fino a morire), infine posti sul ghiaccio, con le chele bloccate, sui banchi di pescherie o supermercati. Condizioni estreme in cui riescono a sopravvivere grazie alla loro fisiologia complessa.
Ma, in attesa di un aggiornamento normativo contro il maltrattamento e le inutili sofferenze, la sensibilità della gente – e quella dei consumatori – sta cambiando, oppure il quadro resta di un’indifferenza generale? Se ne è parlato a Milano nel primo incontro pubblico organizzato in Italia dedicato al tema della tutela dei crostacei decapodi (ovvero con 10 zampe, come aragoste, gamberi, granchi e scampi), organizzato da Animal Law Italia (Ali), capofila della coalizione «Dalla Parte dei Crostacei», che riunisce le 9 associazioni animaliste più rappresentative a livello nazionale. La coalizione ha lanciato una petizione per il riconoscimento loro senzienza e l’abolizione di queste pratiche crudeli. La petizione ha già raccolto più di 11 mila firme.
E all’evento è stato presentato un sondaggio di Youtrend che rivela dati sorprendenti sulla consapevolezza. Dai risultati, emerge come il benessere degli animali, in senso esteso, sia un criterio rilevante per il 59% degli intervistati quando compiono scelte alimentari (il 21% lo ritiene invece estremamente rilevante). Quanto ai crostacei, la maggioranza degli italiani chiede che vi siano tutele legali per questi animali. In particolare il 64% degli interpellati vieterebbe tenerli in vasche non adatte alle loro esigenze vitali, mentre il 61% risulta contrario alla cottura da vivi. Anche la detenzione in condizioni inadeguate, sotto luci intense o esposti su ghiaccio vedono l’opposizione del 51% del campione; mentre il 46% condanna la legatura delle chele. Quanto alle attitudini all’acquisto, il 39% degli intervistati sono meno propensi a scegliere un ristorante di pesce in presenza di crostacei vivi, esposti in vasche o in vetrina.
Ma il dato che emerge con più rilevanza è che per il 58% degli intervistati, animali come aragoste, granchi e gamberi sono in grado di provare dolore fisico e stress, mentre appena il 6% lo nega. Un dato che conferma quanto la conoscenza scientifica stia entrando nel senso comune. Come trasformare questa sensibilità in azioni concrete? Il Comune di Milano potrebbe fare da apripista. E l’occasione potrebbe essere l’aggiornamento del regolamento comunale sul benessere animale, già in previsione. Maria Elena Grandi, assessora all’Ambiente e Verde del Comune di Milano, era presente all’evento, insieme al garante dei diritti degli animali Gustavo Gandini. Le associazioni chiedono che il regolamento, che oggi tutela solo un paio di specie, sia esteso anche ad altre e che le norme diventino più stringenti.
«Il passo che stiamo portando avanti con il comune di Milano potrà essere da stimolo per altri comuni e per questo ci puntiamo molto. Ad oggi in tutta Italia la legislazione è locale e frammentaria – sottolinea Alessandro Ricciuti, presidente di Animal Law Italia -. Abbiamo l’obiettivo di arrivare a una legislazione nazionale ma non possiamo non passare dal cambiamento delle abitudini di consumo e il sondaggio che dice che la gran parte italiani sono consapevoli della problematica e che ci sono pratiche che andrebbero vietate. Vorremmo convincere la grande distribuzione a non detenere i crostacei negli acquari. Una grande catena ha già fatto la scelta di non vendere più crostacei vivi».
«La maggioranza dei consumatori preferirebbe acquistare animali surgelati all’origine. Non siamo lontanissimi dal punto di cambiamento, ma occorre una spinta in questa direzione» aggiunge Ermanno Giudici, autore, formatore e blogger sulle tematiche dei diritti degli animali. Ma resta il commercio sul web. Una veloce ricerca permette di trovare decine di operatori che ti portano a casa crostacei o aragoste vive. «Sono animali intelligenti, complessi e sensibili, nonostante siano considerati negletti e tanto dissimili da noi – commenta Lorenzo Fruscella, responsabile del progetto «Dalla parte dei crostacei» – Come fare a aumentare l’empatia verso di loro? La chiave è dimostrare che anche loro fanno cose che noi stessi faremmo. Cercare di fuggire da un acquario o anche instaurare un rapporto con un essere umano».
13 ottobre 2025
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