Ancora una volta il premio Nobel, in questo caso dell’Economia, mostra quanta abilità ci sia nel leggere e decrittare il contesto nel quale vengono assegnati i prestigiosi riconoscimenti. Lo storico dell’economia della Northwestern University, associato dal 1994, nato nei Paesi bassi ma americano-israeliano, Joel Mokyr, l’economista francese Philippe Aghion, del College de France, Insead e della London schools of economics, il canadese Peter Howitt, economista e professore di scienze sociali dell’Università Brown, sono stati premiati per i loro studi sulla crescita guidata dall’innovazione.
Se riflettiamo su che cosa sta accadendo oggi negli Stati Uniti, potremmo comprendere il perché di questo Nobel. Tra lo stop all’immigrazione, i pericoli di corsa dell’inflazione dovuta ai tassi, il budget che vede accrescersi il suo deficit, dovremmo arrivare alla conclusione che per l’economia americana i tempi sono duri. Ma sottovalutare quanto gli investimenti in tecnologia e innovazione abbiano garantito all’America guadagni enormi di produttività ci porterebbe fuori strada. L’America non si è fermata anzi.
Aghion e Howitt hanno contribuito dando basi matematiche e un modello che intrecciava crescita e «distruzione creativa» di Schumpeter. Come non rileggere nella loro dinamica e nell’innovazione il motore primario dello sviluppo, quanto sta accadendo Negli Stati Uniti? Quel processo che introducendo una tecnologia superiore o migliore fa sì che nuovi soggetti rimpiazzino i vecchi leader di mercato?
Ma anche altri concetti come quelli legati alla concorrenza, con la teorizzazione che vede una sorta di livello intermedio e non basso o elevato, quello ideale per spingere a sempre maggiori innovazioni. Tutto questo però all’interno di una cornice dove le idee sono decisive. Ed è questo il contributo che arriva in maniera specifica da Mokyr. Che a tecnologia e innovazione aggiunge il terzo lato fondamentale per produrre crescita, che sono le idee. Studiando la rivoluzione industriale britannica Mokyr la lega in maniera indissolubile alla cultura illuminista di quei tempi.
Dobbiamo tornare in Europa per comprenderne le implicazioni. Un continente che senza materie prime è stato in grado di crescere e svilupparsi grazie alla sua capacità di valorizzare e proteggere invenzioni, favorire la concorrenza, rendere possibile la condivisione di idee e innovazioni. Grazie anche alle sue istituzioni, certo. Ma un’Europa che in questi ultimi anni ha perso la capacità di comprendere quanto le teorie dei tre studiosi premiati oggi potrebbero esserle utili.
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13 ottobre 2025
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