
«Mia nonna diventò bellissima dopo gli ottanta» scrive Emanuele Trevi nel nuovo libro
Mia nonna e il Conte
(Solferino). Discendente da un antichissimo ceppo calabrese, Giuseppina, per tutti Peppinella, Donna Peppinella, è «la Nonna Mediterranea». «Millenaria, zodiacale, rupestre», Peppinella genera il Nonnarcato (come lo chiama l’autore), ambito molto meno epico del matriarcato, caratterizzato dalla dissimulazione, nonne che «amano nascondersi al riparo di umilissime apparenze». E già questo è un presupposto meravigliosamente scapestrato a una storia fuori dai canoni, perché a esserlo sono i protagonisti. Altro che antico sapere, saggezza millenaria, Grande Madre, il mondo di Peppinella ha leggi a sé. Il nonnarcato difatti non è altro che casa sua. Qui avviene il colpo di fulmine tra Peppinella ultraottantenne, vedova da decenni, e il Conte, vero aristocratico dai tanti cognomi, ultra ottantenne anche lui. Trasferitosi nel paese calabrese, avendo un ginocchio difettoso, il Conte si presenta a Donna Peppinella per chiedere la cortesia di transito dal suo giardino.
In breve i transiti si trasformano in visite, e in pomeriggi all’ombra della magnolia, e in pranzi, e — con l’autunno — in visioni di Beautiful. Fino al culmine, l’ingresso in società, quando cioè il Conte invita Peppinella al matrimonio dei rampolli di due casate napoletane, e la presenta alla cugina principessa, «in questa versione senile della favola di Cenerentola» scrive Trevi. Il Conte appassionato della storia dei Borboni la cui esistenza è ignorata da Peppinella che capisce barboni, per lei il Conte si dedica ai senzatetto. Il Conte che a ogni visita regala fiori e dolci, conquistando i sodali dell’amata. Perché ciascuno, nonna e Conte, è circondato da una corte a sua volta sgarrupata, smemorata. La sorella Delia e Carmelina per Peppinella, il fratello monaco e Oliviero l’autista per il Conte. In un altro momento della vita quello tra Peppinella e il Conte sarebbe stato un incontro impossibile. Non nella vecchiaia, non nella casa di Peppinella dove il nuovo arriva — cucine a gas, televisori, tecnologia varia — e per incuria si rompe, tranne poi: «improvvisamente le cose tornavano a funzionare, e questa intermittenza conferiva a utensili e apparecchi una specie di capricciosa e ironica personalità». Personalità degli oggetti, degli esseri umani, di chi guarda. Eccolo lo sguardo dello scrittore: il nipote che si isola per leggere.
Abitudine che mantiene da ragazzo, quando sopraggiunge il Conte. E se in principio il ragazzo sta alla larga dalle conversazioni sotto l’ombra della magnolia, piano piano si avvicina, «ascoltavo quelle storie lievemente insensate», scrive in merito alle storie del Conte. «Anche il suo sapere mi affascinava: era vasto e inutile», ancora sul Conte. L’occhio che seleziona, s’incanta. Poiché questa storia, come la letteratura tutta, è una questione di sguardo. Così nel giardino di Peppinella a metà degli anni Ottanta, si forma lo scrittore: «per me la letteratura e il giardino di mia nonna sono rimasti due concetti totalmente equivalenti». Ed è una dichiarazione di poetica. Inaspettata nella misura in cui sulla bilancia della creazione pesa più la prospettiva del cosiddetto fuoco sacro. La retorica del fuoco sacro — scrittura, letteratura, talento, sia quel che sia («beati i tiepidi!») — nel giardino della nonna non attecchisce, tantomeno germoglia.
«In questo mondo tiranneggiato dal prima e dal dopo, dove ogni dopo è il lupo che divora l’agnello del prima, aspettando il suo turno per fare la stessa fine». Aspettare la fine? Nel ceppo calabro-cubano (a inizio Novecento c’è stato persino un innesto cubano) aspettare la fine è inaccettabile — ha imparato lo scrittore tra le fronde. Allo stesso modo degli oggetti dunque la nonna quasi novantenne riprende vita. In questo regno in miniatura («Peppinella governava il suo giardino come un minuscolo Regno delle Due Sicilie»), dove tutto è compresente e vivo, il femminile — nonnesco, non materno, via l’aura, via il trauma e il complesso di Edipo, «viva i tiepidi!» — il tempo rallenta. Il dubbio, e insieme l’auspicio, è che questo rallentamento sia una possibilità dell’immaginazione, un impeto di personalità alla portata di tutti — purché: «dovunque vadano, e qualunque cosa gli succeda per strada, in quel punto incantato in cima alla foresta un bambino e il suo Orso staranno sempre giocando» — citazione da Winnie Pooh e frase guida dell’infanzia dello scrittore.
Dopo La casa del mago, con
Mia nonna e il Conte
Emanuele Trevi prosegue la panoramica impressionista degli adulti di famiglia, fondendo personaggi e luoghi in un’unica memoria delle origini. Qui Trevi rinnova il topos letterario dell’amore senile, nonché del compimento di un’epoca, desacralizzando la stessa idea di fine in un animismo della parola, e di commossa assenza di fanatismo — il gattopardo è qualsiasi scorcio, qualsiasi ricordo personale. Nessuno scalpo/tappeto di Bendicò lanciato dalla finestra, nessuna scoperta di fasulle reliquie di sante, piuttosto uno svanire senza clamori, «come due fiori appassiti, finirono per avvizzire completamente» — la nonna e il Conte. Tuttavia: ho sette anni, scrive Trevi. «Chiudo gli occhi e ho sette anni», ha sette anni e cerca un angolo all’ombra dove leggere Winnie Pooh — «e tutto è futuro per me, indistinto e gravido futuro». Un futuro che, ribaltata la clessidra, è transito, regno delle due Sicilie, foresta, bambino, orso. Commovente, comico, vitale, irriverente, dalla scrittura magistrale,
Mia nonna e il Conte
è elogio della sproporzione, lode all’irrilevanza, sottrazione di enfasi che si fa metodo per annullare il tempo, «eccole tornare a galla, le cose perdute».
L’anteprima a «Estate Casa Berto» e gli altri incontri
Il nuovo romanzo di Emanuele Trevi, «Mia nonna e il Conte», esce martedì 2 settembre da Solferino (pp. 128, euro 15). Il libro sarà presentato in anteprima nazionale il 31 agosto alle 18.30 a Ricadi, Capo Vaticano (Vibo Valentia) all’interno della decima edizione della rassegna «Estate a Casa Berto 2025», diretta da Antonia Berto e da Marco Mottolese. A seguire, il libro sarà presentato il 5 settembre, alle 16 a Biella, nell’ambito del festival Fuoriluogo presso la Biblioteca Civica (con l’autore, Alessandra Tedesco). Il 14 settembre Trevi interverrà alle 15 a Milano alla festa-festival Il Tempo delle Donne, in Triennale. Il 16 settembre alle 19 sarà a Roma alla libreria Spazio Sette, presentato da Giorgio Zanchini. Il 19 settembre alle 21 al festival Pordenonelegge, Teatro Verdi, con Alessandro Mezzena Lona. Il 1° ottobre alle 18 a Brescia al festival Librixia; il 2 ottobre a Padova alla Fiera delle Parole; il 5 ottobre a Napoli al Campania Libri Festival.
30 agosto 2025 (modifica il 30 agosto 2025 | 14:59)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
30 agosto 2025 (modifica il 30 agosto 2025 | 14:59)
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