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La Lega araba all’Onu: «Hamas si disarmi». E l’inviato Usa Witkoff vola in Israele

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DAL NOSTRO INVIATO
TEL AVIV

L’onda lunga della decisione di Emmanuel Macron di riconoscere lo Stato di Palestina arriva fino ai Paesi del Golfo. Dopo la Gran Bretagna pronta al passo diplomatico se Israele continuerà ad affamare e uccidere indiscriminatamente nella Striscia di Gaza, per la prima volta anche la Lega Araba ha preso posizione. Nel documento finale uscito dalla conferenza organizzata alle Nazioni Unite da Francia e Arabia Saudita ci sono molte parole e qualche timido impegno. Prima ancora dei contenuti del testo, gli organizzatori possono vantare due vittorie. Piccole e simboliche, ma significative. Primo, l’Onu ha di nuovo ricoperto il ruolo di camera di compensazione che ha cominciato a perdere dai tempi dell’attacco americano all’Iraq. Secondo, si è dimostrato che esiste una «comunità internazionale» capace di parlare (se non di agire) anche senza gli Stati Uniti. La conferenza è stata infatti boicottata dai due maggiori protagonisti della tragedia di Gaza assieme ad Hamas: Washington e Tel Aviv che sono anche i principali avversari del multipolarismo. Nonostante la loro assenza qualcosa si è mosso. 

Stati arabi e islamici compresi Qatar, Egitto, Turchia e Indonesia hanno chiesto il disarmo e la rinuncia al potere di Hamas sulla Striscia. Il «contesto» è «la fine della guerra a Gaza», formula che lascia ampio spazio a ciò che resta del partito integralista per trattare. Nel corso dei negoziati, infatti, il governo Netanyahu ha sempre rifiutato di ritirare l’esercito da Gaza. Hamas può argomentare che una guerra non finisce se continua l’occupazione. Lega Araba e Unione Europea più altri 17 Paesi hanno firmato per la «soluzione pacifica della questione palestinese e la realizzazione del piano dei due Stati». «Amministrazione, giustizia e sicurezza dei Territori palestinesi saranno di esclusiva competenza dell’Autorità Palestinese» dice il documento. Pare pleonastico, sarebbe invece una rivoluzione visto che Israele non riconosce queste competenze ai palestinesi neppure in metà della Cisgiordania. Il documento ringrazia la disponibilità di «alcuni Paesi firmatari» a contribuire ad «una forza di stabilizzazione sotto l’egida dell’Onu». Sembra la missione militare a guida araba di cui si parla ciclicamente. Questa volta, però, qualcuno si è impegnato. È il passaggio più significativo dell’intero testo. 

In Israele intanto è atteso per oggi l’inviato americano Steve Witkoff e il dibattito politico è molto lontano dall’idea dei due Stati. Dopo che i ministri messianici Ben-Gvir e Smotrich hanno più volte chiesto l’annessione di Gaza, il deputato della Knesset, Zeev Elkin, ha sostenuto che impossessarsi della Striscia «sarebbe un ottimo strumento negoziale. Costringerebbe Hamas a smettere di giocare con la liberazione degli ostaggi». 

In serata la premier italiana Giorgia Meloni ha telefonato all’omologo israeliano Benjamin Netanyahu chiedendo «accesso umanitario pieno e senza ostacoli alla popolazione civile». Meloni ha ottenuto da Netanyahu il via libera a una missione per paracadutare aiuti umanitari e per accogliere negli ospedali italiani altri 50 piccoli palestinesi feriti o malati. Secondo il ministero della Salute di Hamas ieri altre trenta persone sono state uccise da spari ed esplosioni mentre cercavano di accedere alla distribuzione di cibo da parte della Gaza Humanitarian Foudation. I convogli di camion che entrano nella Striscia in numero maggiore rispetto a una settimana fa continuano ad essere saccheggiati da bande armate. Il dato positivo è che i prezzi sul mercato nero cominciano a scendere e, secondo gli esperti Onu, presto i gli assalti finiranno e le scorte potranno arrivare ai magazzini e da lì essere distribuiti a chi ne ha più bisogno.

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30 luglio 2025 ( modifica il 30 luglio 2025 | 23:17)

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