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La fusione nucleare non è un sogno, il progetto Proxima e il fisico Sciortino: «Stellarator farà decollare le economie»

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Nel 1951, il fisico americano Lyman Spitzer propose una macchina futuristica: un anello magnetico capace di intrappolare un plasma rovente, simile a quello che alimenta il Sole. La chiamò «stellarator», perché ispirata alla fisica stellare. L’idea era di replicare sulla Terra l’energia della fusione nucleare, ma in modo sicuro, controllato e illimitato. Peccato che il progetto rimanesse più una speranza che una realtà: troppo complicato da costruire con i mezzi dell’epoca. Così, a partire dagli anni Sessanta, il mondo della ricerca si orientò su un’alternativa più semplice da realizzare: il tokamak, un contenitore magnetico sviluppato in Unione Sovietica, su cui oggi lavorano realtà come il Mit e ITER. Ma ora lo stellarator torna prepotentemente alla ribalta. 
A guidare questa rinascita c’è una giovane startup europea con base a Monaco di Baviera: Proxima Fusion, fondata nel 2023 da un team europeo, che ha scelto di puntare su un modello abbandonato da decenni, ma oggi finalmente realizzabile grazie alla potenza di calcolo dei supercomputer.

confronto stellarator tokamak

Leadership tecnologica

«Quello che nel 1951 veniva disegnato a mano, oggi possiamo ottimizzarlo al millimetro», racconta Francesco Sciortino, fisico italiano, ceo e co-fondatore di Proxima. «La fusione nucleare non è più solo un sogno: è diventata un’opportunità strategica per spostare la dipendenza energetica globale dalle risorse naturali alla leadership tecnologica». Sciortino ha un curriculum che lo ha portato dall’Imperial College di Londra al Mit di Boston, per poi rientrare in Europa e avviare Proxima come spin-out del Max Planck Institute for Plasma Physics. Al suo fianco tra i fondatori c’è un altro italiano, Lucio Milanese, oggi coo. In poco più di due anni, la startup ha costruito un team con oltre 80 ingegneri e scienziati provenienti da SpaceX, Tesla, McLaren, Harvard. E soprattutto ha raccolto 185 milioni di euro, diventando la realtà europea più finanziata nel campo della fusione. L’ultimo round, da 130 milioni, è il più importante mai chiuso nel continente per questa tecnologia.

La strategia

Il cuore del progetto è Stellaris, il primo concetto al mondo di centrale a fusione basata su stellarator scientificamente validato. Si fonda sui risultati del W7-X, il più avanzato stellarator operativo, costruito in Germania, con un finanziamento pubblico da 1,3 miliardi. «W7-X ha dimostrato che uno stellarator può funzionare. Ora il passo successivo è farne uno che produca energia commercialmente accessibile», dice Sciortino. E Proxima punta a costruire uno stellarator dimostrativo, chiamato Alpha, entro il 2031.
Ma perché proprio lo stellarator? «I tokamak sono più facili da progettare, ma molto più difficili da gestire», spiega Sciortino. «Lo stellarator è l’opposto: difficile da disegnare, ma più stabile e continuo. Ed è questa stabilità che serve per l’energia su larga scala». La svolta è arrivata negli anni Ottanta, quando i ricercatori tedeschi del Max Planck iniziarono a usare i supercomputer per disegnare campi magnetici elicoidali altamente ottimizzati. Oggi, con strumenti ancora più potenti, Proxima è in grado di progettare le forme complesse necessarie a confinare il plasma a oltre 100 milioni di gradi.

Stellarator

Una questione di geopolitica

La posta in gioco è altissima, anche sul piano politico. «La fusione è geopolitica pura — ammette Sciortino —. In Europa abbiamo bisogno di investire in tecnologie che non rendano soltanto qualcuno ricco, ma che possano cambiare il Pil di un Paese». Proxima, non a caso, ha avviato dialoghi con diversi governi europei per decidere dove costruire Alpha. «Siamo una startup europea, ma già attiva in Germania, Svizzera e Regno Unito. E ci sarà un ruolo anche per l’Italia, soprattutto nella parte manifatturiera, dove ha un vantaggio competitivo enorme».
Il futuro ruota attorno a un obiettivo chiave: realizzare entro il 2027 il primo magnete superconduttore non planare. Senza questo elemento, nessuno stellarator potrà mai funzionare su scala commerciale. «Costruire un magnete del genere è come costruire un aereo mentre precipiti: ci vuole coraggio, talento e un team straordinario. Fortunatamente, il nostro lo è», dice Sciortino. Se ci riusciranno, sarà la prova che la fusione via stellarator è pronta per entrare nella realtà. Ma la sfida più grande resta quella finanziaria.

Investimenti

«Alpha costerà circa un miliardo. Il mercato dell’energia vale oltre dieci trilioni di dollari, ma nel deeptech il rischio è che i capitali non arrivino al momento giusto». Finora Proxima ha attratto fondi pubblici e venture capital, ma ora serve un impegno maggiore da parte delle istituzioni. «Serve un’alleanza pubblico-privato. I governi devono capire che investire nella fusione è investire nel futuro energetico dell’Europa». Il sogno, però, non è solo costruire una centrale. È industrializzare il processo. «Stellaris potrà produrre un gigawatt elettrico, abbastanza per alimentare una città come Monaco. Pensa se tu avessi uno Stellarator accanto a ogni principale città del mondo. Mettiamo anche uno da qualche parte in India per desalinizzare l’acqua, visto che la popolazione perderà accesso ad acqua. E poi mettiamone uno accanto a ogni data center, che consumano tanta energia. Se riusciremo a portare il costo della fusione a un livello competitivo, potremmo decarbonizzare il 20-30% del pianeta con qualche migliaio di stellarator», dice Sciortino. E l’obiettivo industriale, sul lungo termine, è impressionante: «Costruire un magnete al giorno», entro la fine degli anni Trenta.
La rivoluzione della fusione, insomma, non è più una questione da laboratorio. È diventata una corsa tecnologica e industriale, e per una volta a giocare in attacco c’è un team europeo. «Per una volta — conclude Sciortino — il piano non è vendere a un gigante americano. È competere. E vincere».

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2 luglio 2025

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