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La figlia di Amos Oz: resterò in piazza per difendere la democrazia e la pace fragile

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Il 13 ottobre, tanti israeliani che non sorridevano più da quel 7 ottobre del 2023, finalmente sono riusciti ad accennare un sorriso. Riportare a casa tutti gli ostaggi ancora in vita è stata la più bella vittoria che ci si poteva augurare

Tuttavia, a conti fatti, è lecito affermare che entrambi gli avversari hanno perso questa guerra. Da oggi Israele, dal canto suo, potrà concentrarsi sulla sua ricostruzione, sociale, politica e morale. La società civile, a differenza del governo, ha dimostrato la sua forza e determinazione, restando fedele ai valori dell’antico sionismo moderato: solidarietà e pragmatismo. Si è capito che Donald Trump, che istintivamente sa riconoscere i rapporti di forza, ha scoperto e capito quale fosse il potere determinante della società civile israeliana e del movimento di protesta. Non solo ci ammira moralmente, ma ha saputo intercettare la portata della nostra energia davanti al disastro. Delle centinaia di migliaia di israeliani che hanno dimostrato per il rilascio degli ostaggi e a sostegno delle loro famiglie, alcuni torneranno a casa con la sensazione di aver raggiunto il loro obiettivo e contribuito alla solidarietà civile, lottando contro il disinteresse criminale dimostrato dal governo nei confronti dei suoi stessi cittadini, per aver consentito il protrarsi di una guerra brutale a Gaza e rifiutato in modo del tutto irresponsabile di programmare un «domani» ragionevole, tanto per gli israeliani che per i palestinesi. 

A mio avviso, peraltro, la maggior parte di noi non tornerà a casa. Resteremo nelle strade e nelle piazze per assicurarci che Netanyahu, Smotrich e Ben Gvir non si intromettano per violare l’accordo di tregua. Occorre inoltre continuare a difendere la democrazia contro la nuova valanga di leggi che mirano a imbavagliare la Corte suprema e la stampa liberale. In particolare, dobbiamo vigilare affinché le prossime elezioni, previste per la fine del 2026 ma forse, ce lo auguriamo, anticipate, saranno pienamente democratiche, libere da brogli, e non vengano misteriosamente «rimandate». 

Noi tutti dobbiamo smettere di assumere atteggiamenti conciliatori verso gli ultranazionalisti e impegnarci piuttosto a migliorare il dialogo con i nostri concittadini arabi

Trump potrà aiutarci nel raggiungere la pace, ma certamente non potrà intervenire a puntellare la nostra democrazia. Mi auguro che la maggior parte degli israeliani si renderà conto che la nostra guerra contro Hamas, all’inizio giustificata, è stata sabotata e strumentalizzata da un delirio estremista e disumano; e che un’infinità di crimini di guerra, persino contro l’umanità, sono stati commessi in nome nostro. 

La reazione essenziale dovrà tuttavia rivelarsi positiva: ripristinare i valori fondanti di Israele per de-radicalizzare la nostra stessa società; e augurarsi che un processo simile potrà aver luogo a Gaza, in Cisgiordania e nella diaspora palestinese. 

La comunità globale è chiamata a partecipare a questo processo in prima persona, e a promuovere le posizioni moderate in entrambi i campi. Solo l’adozione di misure come queste permetterà di spalancare l’orizzonte alla soluzione dei due stati, che resta l’unica soluzione non violenta in questa regione del mondo.
(Traduzione di Rita Baldassarre)

14 ottobre 2025

14 ottobre 2025

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