
Elvo Zornitta si è appena confessato al «Corriere» e ha ricordato la sua incredibile vicenda, quando i carabinieri lo arrestarono come Unabomber, come colui che disseminava trappole esplosive. Quell’indagine fu devastante: «Da tutti i punti di vista: lavorativo, familiare, sociale. Ho perso il lavoro, gli amici, la fiducia negli altri. Era diventato per me un problema vivere, mi erano venute tante paure e qualche brutto pensiero». Zornitta fu poi rilasciato con le scuse da parte della Procura di Venezia e l’archiviazione. Ma nel frattempo, era stato licenziato e si è dovuto con fatica ricostruire una vita.
«Fantasma: il caso Unabomber» è una nuova docu-serie creata da Marco Tursi ed Egilde Verì, realizzata da Ballandi per Hearst Networks Italia, che ricostruisce uno dei capitoli più oscuri della cronaca nera italiana (Sky Crime e Now).
Com’è noto, tra il 1994 e il 2006, un attentatore sconosciuto seminò il panico nel Nord-Est italiano, nascondendo ordigni artigianali all’interno di oggetti comuni come evidenziatori, tubetti di maionese, uova, persino un barattolo di Nutella. Un’escalation di violenza priva di rivendicazioni, indizi e moventi chiari.
La docu-serie in tre episodi nasce da un podcast di Marco Maisano che, attraverso nuove testimonianze inedite, interviste alle vittime, indaga nelle ombre di un’indagine controversa, mettendo in discussione le verità ufficiali e cercando risposte in una vicenda rimasta senza giustizia. Per questo, dopo oltre vent’anni, la Procura di Trieste ha deciso di riaprire il fascicolo.
Confesso di nutrire non poche perplessità sui podcast che diventano serie televisive. Sono due linguaggi molti differenti, tant’è vero che qui il narratore finge di parlare a Radio Capital per sintonizzarsi sul lavoro precedente. Ma poi, fatalmente, il protagonista non diventa Unabomber, chiunque esso sia, ma Marco Maisano nelle vesti dell’investigatore.
A parlare c’è anche il poliziotto Ezio Zernar, unico condannato per aver alterato la prova contro Zornitta. Zenar si dichiara innocente e spiega perché la sua condanna sarebbe stata «voluta e studiata a tavolino».
6 ottobre 2025
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