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La Cina avverte l’Europa: Putin non deve perdere

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Fra meno di due settimane si tiene un importante vertice tra l’Unione europea e la Cina. A sorpresa, anziché prepararlo con qualche gesto distensivo, Pechino ha lanciato agli europei un messaggio di una durezza inusuale, sulla guerra in Ucraina: Putin deve vincerla, una sua sconfitta non è accettabile per la leadership comunista della Repubblica Popolare. Un linguaggio così esplicito non rientra nella tradizione della diplomazia cinese. Rivela una visione del mondo molto più bellicosa di quella che di solito ci viene presentata. E non aiuta il buon esito del prossimo vertice.

Tutto nasce con questo scoop del South China Morning Post, quotidiano di Hong Kong molto autorevole e sempre più legato al regime (è di proprietà di Alibaba, il colosso digitale fondato da Jack Ma, miliardario prima caduto in disgrazia e poi “riabilitato”). Riproduco testualmente la notizia come appare sul giornale: «Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha detto mercoledì all’alto rappresentante dell’Unione Europea che Pechino non desidera vedere una sconfitta della Russia in Ucraina, perché teme che gli Stati Uniti, a quel punto, sposterebbero tutta la loro attenzione su Pechino. Il commento, rivolto a Kaja Kallas dell’UE … contrasterebbe con le dichiarazioni pubbliche della Cina. Di solito il ministero degli Esteri afferma che la Cina “non è parte in causa” nel conflitto. Alcuni funzionari europei coinvolti sono rimasti sorpresi dalla franchezza delle osservazioni di Wang. Tuttavia, Wang ha respinto l’accusa che la Cina stia sostenendo materialmente lo sforzo bellico russo, né sul piano finanziario né su quello militare: se lo facesse, ha detto, il conflitto sarebbe terminato da tempo».

Colpisce anche l’ultimo passaggio, anch’esso di una franchezza inconsueta nell’esibire la propria forza: se davvero aiutassimo la Russia, avrebbe già vinto. È un’affermazione brutale che, fra l’altro, non suona lusinghiera per Putin perché tratta la Russia come una potenza militare di serie B rispetto alla Cina. In ogni caso il veterano della diplomazia Wang Yi – uno degli uomini di maggiore esperienza nella cerchia dei fedelissimi di Xi Jinping – ha scelto proprio questo momento per gettare la maschera sulle reali intenzioni della Cina. Altro che potenziale mediatrice per una pace, la Repubblica Popolare vuole che la guerra continui il più a lungo possibile, e che Putin non sia messo in difficoltà, in modo che attenzione strategica e risorse belliche degli Stati Uniti siano assorbite su questo fronte europeo.

Il think tank Eurasia Group estrae da questo e da altri segnali dei pessimi auspici sul prossimo summit UE-Cina che sarà ospitato da Xi Jinping fra due settimane. Ecco la sua analisi: «Il vertice del 24 luglio a Pechino sarà probabilmente teso e improduttivo, date le divergenze di interessi e le posizioni rigide di entrambe le parti. L’incontro è stato accorciato, dai due giorni inizialmente previsti, poiché le riunioni preparatorie sono naufragate in un clima di irrigidimento delle posizioni e di aspettative discordanti. Si tratta di un grave passo indietro, poiché entrambe le parti puntavano a sfruttare il 50° anniversario delle relazioni diplomatiche tra UE e Cina per rilanciare i rapporti. Gli europei chiedono alla Cina interventi concreti su questioni bilaterali di lunga data, mentre Pechino vuole coinvolgere Bruxelles per contrastare le politiche “America First” di Trump. Le recenti visite del Ministro degli Esteri cinese Wang Yi a Bruxelles, Berlino e Parigi non sono riuscite a imprimere una dinamica positiva alla preparazione del vertice. Ne risulterà, nella migliore delle ipotesi, un altro “dialogo tra sordi” e, nella peggiore, un’ostilità aperta—soprattutto se il Presidente cinese Xi Jinping decidesse a sorpresa di annullare la sua partecipazione. 

La Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e il Presidente del Consiglio Antonio Costa chiederanno alla Cina di riequilibrare le relazioni economiche e di assumere un ruolo diplomatico costruttivo a livello globale. L’UE vuole che le autorità cinesi revochino i controlli alle esportazioni di terre rare, limitino la deviazione commerciale causata dai dazi di Trump (cioè il dirottamento di export verso l’Europa), affrontino l’eccesso di capacità industriale alimentato dai sussidi e garantiscano condizioni di concorrenza e un accesso reciproco al mercato per le imprese europee. Von der Leyen insisterà inoltre con Xi sulla questione del sostegno diplomatico ed economico della Cina alla Russia, mentre l’UE intensifica le sanzioni contro le entità cinesi che aiutano il Cremlino nella guerra in Ucraina. I funzionari europei non si aspettano sostanziali aperture su queste richieste. Le preoccupazioni per la sicurezza economica e la competitività rafforzeranno gli sforzi dell’UE per ridurre i rischi legati alla Cina. 

La recente strumentalizzazione delle terre rare ha lasciato un segno profondo in Europa, dopo che le strozzature delle catene di approvvigionamento hanno colpito settori chiave. I funzionari di Bruxelles restano irritati per la reazione di Pechino e vedono motivazioni economiche per accelerare la riduzione della dipendenza dalla Cina. Tuttavia, la diversificazione europea dalla Cina continuerà a essere complessa, con i negoziati UE per accordi di libero scambio e sugli approvvigionamenti critici che fungeranno da termometro. Trump manterrà inoltre la pressione sull’UE affinché irrigidisca la propria posizione verso la Cina. Gli europei sono pronti a reagire in tempi relativamente rapidi all’aumento delle esportazioni cinesi verso l’UE, man mano che i dazi americani generano deviazioni commerciali. 

L’emergere dell’Europa come mercato alternativo di riferimento per gli esportatori cinesi aggraverà le conseguenze dei dazi di Trump. Il deficit commerciale record dell’UE con la Cina, registrato tra gennaio e maggio, accentuerà le preoccupazioni europee. I dati preliminari indicano impennate di alcune importazioni dalla Cina e cali dei prezzi, tendenze che porteranno presto a misure di salvaguardia. La Commissione continuerà inoltre a contrastare dumping e sussidi cinesi con dazi UE. Il modello economico di Pechino e il suo sostegno a Mosca costringeranno l’Europa a dare priorità alla sicurezza, portando l’UE su una rotta di collisione con la Cina nel lungo termine. Le industrie europee continueranno a subire una minaccia esistenziale da parte della concorrenza cinese. È probabile che l’UE adotti ulteriori misure protezionistiche, rafforzando le partnership globali per controbilanciare e bypassare la Cina. Le considerazioni sulla sicurezza economica, da tempo centrali negli Stati Uniti, entreranno sempre più nei dibattiti politici europei. 

I progressi sulle proposte della Commissione per rafforzare il controllo sugli investimenti in entrata, istituire un meccanismo di filtro sugli investimenti in uscita e semplificare i controlli alle esportazioni europee indicheranno il grado di sostegno degli Stati membri. Le capitali dell’UE continueranno a interpretare il ruolo di “poliziotto buono” rispetto a Bruxelles in veste di “poliziotto cattivo” nella gestione delle relazioni con Pechino, cercando di proteggere i rispettivi paesi da eventuali ritorsioni. Allo stesso tempo, le industrie nazionali probabilmente faranno pressione sui governi europei affinché intervengano contro le pratiche sleali cinesi. Eventuali cambiamenti nella tradizionale posizione filo-cinese della Germania, sotto la nuova guida del Cancelliere Friedrich Merz, saranno determinanti, poiché le imprese tedesche—soprattutto le piccole e medie aziende—stanno soffrendo sempre più per le politiche cinesi.

Un punto cruciale del vertice sarà capire se Xi farà concessioni dell’ultimo minuto per favorire una distensione. Anche se improbabile, un indizio potrebbe essere un impegno sui prezzi minimi per le esportazioni cinesi di veicoli elettrici (EV). In cambio della revoca dei dazi anti-sussidi sugli EV, se la Cina accettasse di fissare prezzi minimi, Bruxelles si aspetterebbe anche che Pechino ritiri le indagini e/o i dazi su brandy, carne suina e prodotti lattiero-caseari europei. Anche eventuali passi per risolvere i recenti divieti sugli appalti pubblici di dispositivi medici costituirebbero un segnale della volontà di entrambe le parti di ridurre le tensioni commerciali.

Un altro indicatore di possibile miglioramento delle relazioni bilaterali sarebbe una maggiore cooperazione in vista del vertice ONU sul clima di novembre, mentre Trump si appresta nuovamente a ritirare gli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi. L’UE è disponibile a firmare una dichiarazione congiunta sull’azione climatica durante l’incontro di questo mese, ma solo se la Cina rafforzerà i propri impegni di riduzione delle emissioni. Infine, la reazione dell’UE a eventuali richieste statunitensi di misure verso la Cina, nell’ambito di un accordo commerciale transatlantico, sarà un ulteriore elemento chiave. Bruxelles ha già proposto azioni congiunte contro le pratiche sleali cinesi e, durante il vertice del G7 del mese scorso, von der Leyen ha criticato la Cina per le interruzioni delle catene di fornitura. Il grado di allineamento di Bruxelles con Washington su catene di approvvigionamento, controlli alle esportazioni e altre questioni sarà indicativo del livello di frustrazione europea verso la Cina—e influenzerà il rapporto bilaterale».

11 luglio 2025

11 luglio 2025

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