La carne torna sulle tavole americane. Dopo anni di dominio delle alternative vegetali nell’alimentazione, il cosiddetto «plant-based», il 2024 ha segnato un’inversione di rotta significativa. Secondo un rapporto di FMI e del Meat Institute, le vendite di carne hanno raggiunto un record di 104,6 miliardi di dollari. E soltanto il 22% degli americani dichiara di voler ridurre l’assunzione di carne, il dato più basso degli ultimi cinque anni. Non è solo di un fenomeno alimentare, ma un vero e proprio cambiamento culturale carico di significati politici.
I dati segnalano che gli americani hanno aumentato il consumo di carne del 7% rispetto all’era pre-Covid, con un consumo di oltre 120 chilogrammi a testa all’anno. Si tratta di un’inversione di tendenza netta rispetto al calo registrato fino al 2022, quando il consumo era sceso a 119,75 chili.
E’ un dato in controtendenza rispetto a quanto avviene in Italia, che con circa 79 kg di carne consumati annualmente per persona nel 2024 – il 40% in meno rispetto agli americani – resta ancorato alla tradizione mediterranea, dove la carne rappresenta un complemento e non il fulcro dell’alimentazione. Gli italiani continuano a diminuire anno dopo anno il consumo di carne, con un calo del 7% dal 2010, quando il consumo pro capite era pari a 84 kg.
La dieta mediterranea continua infatti a privilegiare un modello a base di frutta, verdura, cereali integrali, legumi e olio d’oliva, con un ruolo moderato per le proteine animali. Un patrimonio culturale che l’Unesco ha riconosciuto come bene immateriale dell’umanità e che la scienza associa a longevità e minor incidenza di patologie cardiovascolari.
Il ritorno della bistecca in America è alimentato da una nuova narrazione che vede la carne come simbolo di autenticità, tradizione e benessere. Influencer e celebrità e promuovono diete ricche di proteine animali, spesso in opposizione alle tendenze vegane e alle preoccupazioni ambientali. Il movimento «Make America Healthy Again», esplicito richiamo allo slogan trumpiano, ha trasformato il «beef tallow» (grasso di manzo) in simbolo identitario. Non a caso il segretario alla Salute Robert F. Kennedy Jr. ha celebrato pubblicamente il passaggio dagli oli semi definiti «pericolosi» al più «sano» grasso animale per friggere le patatine di una nota catena fast-food. Mentre personalità come Elon Musk e il re dei podcast Joe Rogan elogiano i benefici delle diete carnivore.
Il ritorno della carne negli Stati Uniti non è solo una questione alimentare, ma anche politica. L’arrivo di Donald Trump alla presidenza ha rafforzato una retorica che associa il consumo di carne a valori tradizionali e nazionalisti. La carne diventa così un simbolo di resistenza contro le élite urbane e le politiche ambientali percepite come restrittive. La polarizzazione politica americana, intrecciandosi con l’approccio «muscolare» dell’era Trump, così si riflette anche nel piatto: da una parte i «carnibros», conservatori che vedono nella bistecca un baluardo contro l’agenda green progressista, dall’altra i liberal farm-to-table che prediligono carne da allevamenti sostenibili e locali. Entrambi, però, uniti nella riscoperta della proteine animali, sostiene il New York Times.
In Italia questa politicizzazione del cibo appare ancora lontana. La tradizione mediterranea resta trasversale agli schieramenti politici, sebbene anche nel nostro Paese si registri una leggera crescita nelle vendite di carne rossa, con un aumento dei consumi dell’1,5% nel primo trimestre 2025. Resiste, però, un modello alimentare più sostenibile e bilanciato, che lascia la politica fuori dalla porta della cucina. Almeno per ora.
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21 aprile 2025
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