Home / Spettacoli / Kraftwerk: l’arte riuscirà a sopravvivere anche all’Intelligenza artificiale

Kraftwerk: l’arte riuscirà a sopravvivere anche all’Intelligenza artificiale

//?#

«Sono l’operatore del minicalcolatore»: Ralf Hütter, cofondatore con Florian Schneider dei Kraftwerk recita con disinvoltura in italiano un verso di «Pocket Calculator», così come fu cantata nel 1981 in televisione durante «Discoring». Sorride e precisa: «Ma non parlo la vostra lingua. Però ho studiato il latino e so il francese».

È appena arrivato a Roma da Stoccarda dove i Kraftwerk hanno tenuto un concerto davanti a settemila persone. Il visionario gruppo tedesco innovatore dell’elettronica sarà anche in Italia per due live a luglio: il 18 al Teatro del Silenzio di Lajatico («Aspetto di suonarci da due anni») e il 25 al Teatro Antico di Taormina. Ralf, 79 anni ad agosto, è seduto in una delle stanze del decadente e fascinoso appartamento liberty trasformato nella galleria d’arte Indipendenza che ospita la mostra «Kraftwerk-The Man Machine», a cura del londinese Michael Bracewell.

«Quella dei Kraftwerk è sempre stata un’arte multimediale. Uniamo film, animazione, grafica, album. È come un potente show che rende visibile la musica. Abbiamo creato immagini che stimolano i suoni. Non abbiamo mai ingaggiato un famoso artista, è tutto fatto in casa, da noi».

Avete iniziato alla fine degli anni 60.

«Veniamo da Düsseldorf, all’inizio ci esibivamo soltanto nelle gallerie d’arte, nei musei e nei piccoli club».

«In tutto il mondo andava forte il rock’n’roll da classifica. E noi eravamo dei giovani sperimentatori».

Frustrante?

«No, era quello che volevamo essere e suonare».

I Kraftwerk con robot, navicelle spaziali e computer hanno previsto un mondo dominato dalla tecnologia.

«Un po’ mi spaventa avere anticipato il futuro, la realtà, gli incidenti. La nostra musica potrebbe essere definita un documentario fantasy».

David Bowie era un vostro ammiratore, ma non avete mai collaborato. Perché?

«Alla fine degli anni 70 il nostro studio Kling Klang non era attrezzato per registrazioni professionali, avevamo gli strumenti per fare la nostra musica e basta. Così indirizzai David e Iggy Pop a Berlino».

Un’occasione mancata?

«No, perché proprio a Düsseldorf è nata la nostra amicizia e i testi dell’album Trans-Europe Express raccontano anche il nostro rapporto. La prima volta che con i Kraftwerk lo suonammo dal vivo al Paradiso di Amsterdam fu un’emozione indimenticabile: avevamo creato musica partendo dalla vita».

Avverte l’assenza di artisti come Bowie?

«Sì, ovviamente. Però dobbiamo continuare ad ascoltare e aprirci al mondo».

Adesso è l’Intelligenza artificiale a creare i musicisti.

«Preferisco parlare dell’Intelligenza Artistica, la creatività espressa dall’individuo».

L’IA non è pericolosa?

«No, perché l’arte e gli artisti sopravviveranno sempre».

L’ultimo album, «Tour de France», è del 2003. Quando un nuovo lavoro?

«Me lo chiedono spesso: quando sarà pronto».

Battute a parte?

«Ora siamo concentrati sugli show dal vivo. Nei nuovi live prendiamo da tutto il nostro repertorio. Negli ultimi 50, 60 anni ho scritto con il mio partner testi e musiche che ancora oggi possiamo portare sul palco».

Il suo partner, Florian Schneider è scomparso cinque anni fa.

«Voleva vedermi prima di morire. La sua perdita mi ha segnato. Abbiamo iniziato insieme nel 1968. Non eravamo una band, ma uno strumento. Florian ha lasciato i Kraftwerk nel 2008, troppo stress, o forse sentiva che la malattia aveva iniziato ad aggredirlo».

Si guarda mai indietro?

«No vado sempre avanti».

11 luglio 2025

11 luglio 2025

Fonte Originale