Cento miliardi di euro. Tanto valgono le principali acquisizioni di aziende italiane da parte della Francia dal 2000 a oggi. Per la precisione, 97 miliardi per 770 operazioni. Con questi numeri, la Francia è il secondo acquirente d’imprese italiane in un quarto di secolo, dopo gli Stati Uniti (poco al di sopra con 132,6 miliardi per 1.082 transazioni) e davanti di gran lunga alla Gran Bretagna (49,6 miliardi per 696 deal). Cento miliardi, anzi, 97, è una cifra rilevante, oltre un quinto del totale delle acquisizioni mondiali nel Paese. In 25 anni sono infatti passate di mano circa cinquemila aziende italiane per un controvalore di 465 miliardi di euro. Lo dice la ricerca «Le acquisizioni francesi in Italia», condotta da Kpmg per L’Economia del Corriere della Sera. «I dati confermano il forte interesse degli investitori esteri per gli asset italiani», dice l’indagine. Di certo è un movimento transfrontaliero che non si spegne.
Gli ultimi dieci anni
Dal 2015 a oggi, i francesi hanno investito 38,4 miliardi di euro nel capitale delle aziende italiane, con 555 deal. Anche negli ultimi dieci anni, restano così il secondo acquirente estero dopo gli Stati Uniti (772 operazioni per 83,1 miliardi di euro), su un totale di 3.475 aziende italiane passate in mano estera nel periodo. L’ultimo caso è nell’alimentare: Biscuits Bouvard, che il 20 ottobre ha completato al 100% l’acquisizione della veneta Lago, iniziata nel 2019. E sempre nel food sono le due new entry di Unigrains, che raduna i cerealisti francesi: Gamma e Stebe, panificazione e pasticceria nel Nord Est, acquisite attraverso Vivaldi Group. Si aggiungono allo shopping che si sta concentrando sulla finanza e sulla filiera della moda.
Banche, assicurazioni, moda
Quest’anno Crédit Agricole è salito in Banco Bpm toccando il 20,1%. Axa ha concluso l’acquisizione di Nobis Assicurazioni. Chanel ha messo a segno quattro deal: è entrata al 35% in Mantero Seta e, in minoranza, in Grey Mer, calzature, Emilia Romagna; Leo France, bigiotteria e accessori per le borse, Toscana; Nuova Impala, conceria, sempre Toscana. La Kering di François Pinault ha chiuso tre accordi: con la divisione Eyewear ha acquisito i produttori bellunesi di occhiali Visard (100%) e Mistral (in minoranza, per ora), più la bergamasca Lenti da Safilo, che produce lenti da sole e visiere per caschi. Operazioni significative perché le filiere industriali sono l’ultima frontiera dello shopping d’Oltralpe. Senza dimenticare, naturalmente, i grandi passaggi generazionali con Armani che potrebbe andare a Lvmh o L’Oréal.
«Terreno fertile»
«La Francia è il secondo investitore in Italia in assoluto ma è il primo per valore relativo, se confrontiamo il suo Pil con quello americano — dice Max Fiani, partner di Kpmg e coordinatore della ricerca —. È una presenza storica e consolidata, anche con investimenti nella diagnostica con Clariane e Korian, nei servizi alla persona con Cerba Healthcare, con parternariati come EssilorLuxottica, Euronext, Stellantis. Ora i dossier forti sono Armani e il posizionamento di Crédit Agricole sul Banco Bpm. I francesi qui trovano terreno fertile perché sono visti come investitori di lungo periodo. Sono i principali partner industriali dell’Italia».
La classifica
Con oltre 16 miliardi di euro, il principale investitore francese in Italia dal 2000 è proprio il Crédit Agricole che sta alimentando il risiko bancario: suoi da tre anni anche il 50% di Fca Bank, l’ex banca di Fiat Chrysler che oggi si chiama CA Auto Bank; dal 2021 il Creval; e dal 2017 la Pioneer Investments per cui l’istituto guidato dallo scorso maggio dal ceo Olivier Gavalda sborsò 3,5 miliardi.
Al secondo posto nei top spender c’è un’altra banca, la Bnp Paribas che ha in pancia Bnl: più di 11 miliardi investiti nel Paese in 25 anni. Terzo è il gruppo assicurativo Covea con oltre 8,5 miliardi: ha rilevato PartnerRe da Exor nel 2022. Quindi energia e lusso, a pari valore con circa sette miliardi ciascuno: cioè Edf (Edison) e l’Lvmh di Bernard Arnault che in un quarto di secolo ha assorbito, elenco non esaustivo: Acqua di Parma, Fendi, Bulgari, Loro Piana, pasticceria Cova, Gucci. Sesto posto con circa cinque miliardi a Lactalis (Parmalat). E naturalmente c’è la Kering di Pinault che possiede Gucci, Sergio Rossi, Bottega Veneta, Brioni, Pomellato e Richard Ginori, oltre alle aziende degli occhiali citate. Vivaci anche i fondi come Ardian, LCatteron, Archimed, Pai, Antin.
La diluizione di Vivendi, la crescita nei beni di consumo
A fronte di una diluizione del colosso Vivendi, calato in Tim a poco più del 2% e in Mediaset (ora Mfe) a poco più del 4,5%, altri gruppi d’Oltralpe si sono insomma rafforzati. In testa c’è la finanza, conferma l’indagine Kpmg per settore. Ma a volume vince il mercato dei beni di consumo, che comprende la moda, la salute, il retail.
La classifica degli investimenti francesi per comparto vede infatti al primo posto, negli ultimi dieci anni (dati dal 2015 al 30 settembre scorso) i Servizi finanziari con 19,6 miliardi in 34 operazioni. Segue con 7,9 miliardi e 72 deal il comparto Telecomunicazioni e media (che però registra ancora l’egemonia di Vivendi). Al terzo posto c’è il Consumer market. Qui la cifra investita è di 4,8 miliardi, ma il numero di operazioni è il maggiore in assoluto: 184 in dieci anni. Seguono le Infrastrutture (4,3 miliardi con 100 deal), l’Energia e utility (un miliardo con 42 acquisizioni), l’industria (900 milioni con 123 operazioni, però).
«La moda è il terreno di competizione diretta con l’Italia — dice Fiani —. I francesi hanno il vantaggio di avere due grandi gruppi managerializzati mentre da noi prevalgono alla guida i fondatori con i creativi». Un gruppo è Lvmh, l’altro è Kering al cui vertice è salito come ceo dal 15 settembre un italiano, Luca de Meo.
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4 novembre 2025
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