
Si sono diffuse sulle pagine social in Libia le foto della bambina di Tripoli affetta da una malattia degli enzimi epatici mentre si trovava su un barcone di migranti in mezzo al mare, diretto in Italia. La bambina di nome Souhane era accompagnata dal padre.
I commenti sono tutti rivolti ad una critica alla corruzione che ha ridotto il sistema sanitario libico al lumicino, malgrado i miliardi in dollari spesi nel settore.
La madre sul proprio account social ha scritto: «Non siamo partiti perché volevamo emigrare, ma perché la malattia non aspetta e perché gli ospedali qui non hanno medicine e nemmeno la capacità di una diagnosi» descrivendo la sua «disperazione per le promesse dei funzionari e l’inazione dello Stato, di fronte alle esigenze della sua bambina, che ha bisogno solo del suo diritto alla vita».
Il prremier Dbaiba, appena la notizia è sbarcata sui media locali, ha diramato un comunicato informando di aver ordinato un’inchiesta per appurare le responsabilità nella disfunzione del servizio sanitario e amministrativo. Ha promesso che le cure della bambina libica in Italia saranno saldate dal governo libico e di aver dato ordine in tal senso all’ambasciata a Roma (che per ora non ha confermato).
Un populismo spicciolo come nella miglior tradizione dei governi post Gheddafi.
27 giugno 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA
27 giugno 2025
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