
Il 26 novembre 2006 Nora Dalmasso viene trovata morta nella sua casa a Río Cuarto, in Argentina. Il corpo viene rinvenuto in camera della figlia, senza vestiti e con la cintura dell’accappatoio annodata intorno al collo. Non c’è alcun segno di effrazione, chi l’ha uccisa doveva conoscerla e sapere che quella notte era a casa da sola. La storia dell’omicidio, e delle indagini, è ora raccontata nel documentario Netflix Uccisa mille volte: il caso Nora Dalmasso.
La causa della morte viene subito identificata come asfissia meccanica: è stata soffocata in seguito a un rapporto sessuale consenziente. Sul suo corpo, infatti, non vengono trovati segni di violenza né di tentativi di difesa.
L’attenzione si concentra subito intorno alla famiglia, nonostante avessero tutti un alibi: il marito, Marcelo Macarrón, si trovava a Punta del Este, in Uruguay, per un torneo di golf; il figlio, Facundo, di 19 anni, era a Cordoba (la città argentina a circa due ore di macchina da Río Cuarto); mentre la figlia Valentina, sedicenne, si trovava negli Stati Uniti.
Il colpevole dell’omicidio Dalmasso non è mai stato trovato, e l’attenzione mediaticaa intorno al caso non è mai scemata in quasi 20 anni. In questo periodo si sono seguite più piste, sono cambiati tre procuratori e sono stati prosciolti altrettanti sospettati. Il primo a venire accusato della morte di Nora è stato un giovane di 27 anni che ha lavorato per settimane in casa, poi il figlio Facundo e il marito, ritenuto dall’opinione pubblica troppo freddo e distante. La giustizia proverà a condannarlo, ma verrà assolto nel 2022 per insufficienza di prove.
Solo a dicembre 2024 è saltato fuori un altro nome, probabilmente quello del vero colpevole. Ma il rischio è che il caso cada in prescrizione prima di arrivare a condanna.
La scoperta dell’amante e l’ossessione dei media
Nora Dalmasso e Marcelo Macarrón erano una delle coppie più conosciute di Río Cuarto (città argentina in provincia di Cordoba), la grande casa nel quartiere più ricco. Lei era ritenuta una delle donne più belle del posto, mentre lui era famoso per il suo passato da rugbista e per essere un noto medico. Tutti elementi che hanno reso il caso interessante agli occhi dei media.
Quando il corpo viene ritrovato, gli inquirenti affermano che l’omicidio deve essere avvenuto in un impeto di rabbia in seguito a un rapporto sessuale consenziente, da parte di una persona conosciuta.
Sette giorni dopo il delitto, grazie al cellulare trovato nella sua abitazione, gli inquirenti scoprono che Nora frequentava un altro uomo. L’amante era un amico di suo marito, che però la notte dell’omicidio si trovava con lui in Uruguay. L’assassino doveva dunque essere qualcun altro.
Tanto è bastato per alimentare i pettegolezzi. Per settimane in televisione si sono alternati ospiti che la descrivevano come una scambista frequentatrice di festini erotici. Per anni vennero anche vendute magliette con la scritta «Io non mi sono fatto Norita», mentre gli articoli si concentravano sull’analizzare la sua vita più intima. Alcuni stilarono una lista di una decina di uomini che la donna poteva aver frequentato fuori dal matrimonio. Qualcuno sostenne anche che Macarrón fosse un prestanome per una persona potente, che lei lo avesse scoperto e che volesse il divorzio.
La conferenza stampa
A dieci giorni dal delitto, Macarrón tiene – su consiglio del suo legale – una conferenza stampa, stanco dell’assidua presenza dei giornalisti fuori da casa, che lo accusavano di essere troppo distaccato solo perché non lo avevano mai visto piangere per la morte della moglie.
La conferenza, però, non fece altro che peggiorare la sua posizione, soprattutto dopo la frase: «Perdoniamo Nora se ha commesso qualcosa di sbagliato nell’ultimo periodo della sua vita, a giudicarla ci penserà Dio».
L’arresto dell’imbianchino e la rabbia popolare
A febbraio 2007, undici settimane dopo la morte, i sospetti passano sugli operai impegnati in alcuni lavori di ristrutturazione in casa della famiglia Macarrón. Il primo a essere accusato dell’omicidio è un imbianchino di 27 anni con precedenti per violenza domestica. In sua difesa si schiera l’opinione pubblica, che si sente «presa in giro» per l’arresto di quel ragazzo minuto, al punto da accusare la polizia di corruzione.
L’Argentina era uscita da poco da una grave crisi economica. C’era una grande sfiducia nei confronti del potere e della giustizia, e i cittadini vedevano quell’arresto come un tentativo di prendersela con i più poveri. Addirittura, i residenti di Río Cuarto si danno appuntamento per marciare verso il tribunale e chiedere la liberazione del giovane.
Venne rilasciato dopo 24 ore: tutte le prove si erano rivelate false.
La collaborazione con l’Fbi, l’attenzione per Facundo e i sospetti
Nel mentre, la raccolta dei campioni di Dna rinvenuti sulla scena del crimine non aveva dato i suoi frutti. Il primo esame era risultato negativo, costringendo le autorità a riesumare il corpo, e il governo di Cordoba a chiedere aiuto all’Fbi per trovare una corrispondenza con quanto raccolto sulla scena del crimine.
In parallelo, l’ossessione dei media per il caso continuava a crescere. L’attenzione ora era passata al figlio, tornato a Cordoba per proseguire con gli studi. I giornali diffondono la notizia che Facundo era gay. «Mio padre ha saputo del mio orientamento sessuale attraverso una rivista. Non l’avevo ancora detto in famiglia» racconta lui stesso nel documentario. Non è la prima notizia che giunge in questo modo alla famiglia. Il ragazzo si trova su un taxi, infatti, quando scopre dalla radio che la polizia stava indagando su di lui come nuovo sospettato.
Secondo il procuratore, quella notte Facundo aveva viaggiato dall’università a casa, aveva guidato due ore sotto la pioggia, era entrato con le sue chiavi e discusso con la madre «perchè era gay». Poi l’aveva strangolata, probabilmente perchè lei non accettava il fatto che fosse gay.
Solo dopo cinque anni, l’Fbi svelerà che nessun campione coincideva con il dna del ragazzo. Facundo viene così prosciolto e il procuratore sospeso.
Le tracce di Marcelo Macarrón e il processo
A marzo 2016, dieci anni dopo l’omicidio, l’Fbi trova una corrispondenza con Marcelo Macarrón, le cui tracce erano in tutta la scena del crimine e sul corpo della vittima. Il procuratore lo accusa così di essere l’assassino. Per esserlo davvero però, avrebbe dovuto viaggiare per 890 km andata e ritorno di notte con l’aereo privato. Un’ipotesi del tutto inverosimile, che ha portato anche il nuovo procuratore alle dimissioni.
In più, nel rapporto dell’Fbi si specificava che non era chiaro se il dna fosse stato depositato prima o dopo il delitto, aggiungendo che Marcelo aveva dichiarato di aver avuto rapporti con la moglie prima del suo viaggio. Insomma, il dna c’era, ma non lo rendeva automaticamente l’assassino.
Con l’arrivo del nuovo procuratore, il terzo, emerge una nuova ipotesi: Macarrón era il mandante dell’omicidio della moglie. Sulla base di queste accuse, inizia il processo. Fondamentali si dimostrano le testimonianze di due medici legali che dichiarano che l’omicidio non poteva essere premeditato ma che era stato commesso in un impeto di rabbia da una persona non professionista.
Per questo motivo, nel corso dell’arringa finale, il pm sostiene di non aver potuto portare avanti la tesi del procuratore, chiedendo l’assoluzione dell’uomo, e di dichiarare Nora una «vittima di violenza di genere».
Il nuovo sospettato e il rischio prescrizione
A dicembre 2024, due anni dopo il processo, il procuratore di Stato ha rilasciato una lista di duecento persone che sono state sul luogo del crimine nel corso degli anni e i cui dna sono stati confrontati con quello sulla cintura usata per l’omicidio. Dna che corrisponde con quello di un’altra prova: un capello trovato sull’inguine della vittima e mai tenuto in considerazione.
Il nuovo sospettato si chiama Roberto Barzola, è un cittadino di Rio Cuarto, e al tempo si occupava di pulire il parquet nella casa dei Macarrón. Era già stato sentito durante il processo al marito di Nora, quando aveva dichiarato di essere andato a casa della vittima quel giorno per finire il lavoro, ma di essere andato via prima che iniziasse a piovere.
L’accusa che gli è stata mossa è quella di violenza sessuale e omicidio. Il rischio però è che, a causa del tempo trascorso, il caso possa andare in prescrizione prima dell’inizio di un possibile processo. Dunque, anche qualora l’assassino venisse individuato, potrebbe non scontare la sua pena, e Nora Dalmasso potrebbe continuare a non avere giustizia.
26 giugno 2025
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