
Se ci si ferma ai fondi limitati stanziati per la futura ricostruzione dell’Ucraina, 10 miliardi di euro, il bilancio della conferenza di Roma appare in chiaroscuro. Ma politicamente è difficile sottovalutarne i contraccolpi positivi. E non solo per la compattezza dei partecipanti nella volontà di sostenere Volodymyr Zelensky, accolto come un alleato strategico. L’elemento in più è stata la presenza dell’inviato di Donald Trump, Keith Kellogg. E il dialogo a distanza che ha avuto insieme alla premier Giorgia Meloni con Francia e Gran Bretagna.
I capifila dei Volenterosi hanno messo a disposizione non solo truppe in grado di garantire un futuro «cessate il fuoco». Soprattutto, Emmanuel Macron e Keir Starmer hanno offerto il loro ombrello nucleare per la sicurezza europea, essendo le due uniche nazioni del Vecchio Continente ad averlo a disposizione. Se è vero che l’incognita per i prossimi mesi è quale ruolo l’Ue assegna a Kiev nell’architettura della sicurezza europea, da Roma e da Londra è arrivata una risposta implicita: l’appoggio anche militare continuerà e si intensificherà. In qualche misura, è una scelta obbligata.
Al di là dell’imprevedibilità della Casa Bianca, che oggi sembrerebbe più consapevole del pericolo rappresentato da Vladimir Putin, l’Europa sa di doversi difendere da sola, in prospettiva. Il riarmo contro il quale tuona il M5S, additando la Germania come beneficiaria e l’Italia di Giorgia Meloni «sotto ricatto» tedesco, appare in realtà come una risposta inevitabile all’aggressione russa. E le manovre delle forze populiste, di destra e no, che hanno tentato di far saltare la Commissione Ue, confermano la bontà della scelta. Quella che il capo dei Cinque Stelle, Giuseppe Conte, che pure a Palazzo Chigi aumentò le spese militari sei anni fa, definisce «folle corsa al riarmo», riflette l’esigenza di recuperare un lungo ritardo; e di mettersi almeno parzialmente al passo con altri Paesi della Nato che, o per la vicinanza al confine con la Federazione russa, come la Polonia, o per tradizione, sanno di doversi proteggere.
D’altronde, dopo decenni di neutralità la Finlandia è entrata a far parte dell’Alleanza atlantica nel 2023, e la Svezia nel 2024. Lo hanno fatto dopo l’invasione russa, riconoscendo un pericolo incombente; e interessi comuni con l’Ue. La Conferenza per la Ricostruzione proietta l’appoggio all’Ucraina oltre il conflitto; e manda un messaggio a Kiev sulla volontà di sostenere lo sforzo bellico proprio mentre l’offensiva del Cremlino si incattivisce. L’incontro di venerdì tra Meloni e il Commissario Ue all’Economia, Valdis Dombrovskis, ha rafforzato una scelta italiana che certo comporterà sacrifici. Ma conferma la politica estera come spartiacque delle alleanze.
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11 luglio 2025
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