
Il mondo riscopre il Giappone. Un sintomo è il boom di visitatori, che sconvolge un paese poco abituato all’overtourism. È una riscoperta che ha molte facce. Il Giappone è soprattutto un laboratorio d’avanguardia per le massime sfide del nostro tempo: fu il primo a conoscere denatalità, decrescita demografica, aumento della longevità. Dentro le soluzioni che sperimenta per invecchiare bene, c’è una lezione per tutti noi. Federico Rampini, che lo frequenta da oltre quarant’anni, ci guida in questo viaggio fra i misteri di una civiltà antichissima e affascinante nel suo ultimo libro «La lezione del Giappone» (Mondadori, 336 pagine, euro 20) appena arrivato nelle librerie. Nella sua esplorazione incontriamo tanti paradossi: il paradiso delle buone maniere e della cortesia può essere vissuto come una prigione di conformismo, da coloro che decidono di scomparirvi, evaporando nel nulla. E come conciliare i tassi di criminalità più bassi del mondo, con l’esistenza dell’antica e temuta mafia Yakuza? Ecco la sua prefazione.
Voi ne siete appena tornati? O state per andarci? Il mondo si divide in due: quelli che hanno collezionato viaggi in Giappone e quelli che sognano di fare il primo. Non è una moda italiana. Anzi, quando si è là i nostri connazionali e gli altri occidentali scompaiono, annegati dentro un oceano di cinesi, coreani, indiani.
Non parliamo poi dei giovani, per loro una visita a Tokyo è un pellegrinaggio alle origini: nel luogo dove si è prodotta la loro cultura di massa, dai videogame ai manga e molto di più. Quello che era, per la mia generazione, l’Inghilterra dei Beatles…
In quanto alla penetrazione in casa nostra, ricordo la più appariscente. A Milano è più facile trovare un sushi-bar che un ossobuco, piatto della tradizione. A Roma il sashimi è ubiquo, ben più della coda alla vaccinara.
Curioso paradosso. Nel momento in cui la popolarità del Giappone è dilagante nel costume, nella cultura, nel turismo, sui nostri giornali è raro trovare una notizia da Tokyo. Come attore politico o potenza economica non merita più attenzione? Questa invisibilità è talmente sconcertante, da alimentare il sospetto che sia una nuova strategia per navigare in tempi di turbolenza.
Il libro
«La lezione del Giappone» (Mondadori, 336 pagine, euro 20, in libreria da oggi 14 ottobre)
Il libro
«La lezione del Giappone» (Mondadori, 336 pagine, euro 20, in libreria da oggi 14 ottobre)
Il Giappone è «il grande incompreso» del nostro tempo. Sbagliamo a liquidarlo con luoghi comuni e pregiudizi: se c’è un paese ricco di lezioni preziose per noi è questo. Tokyo può insegnarci tante cose, a cominciare da come affrontare la denatalità e l’invecchiamento della popolazione: fenomeni che l’arcipelago ha conosciuto prima di ogni altro paese al mondo. È anche un laboratorio di sostenibilità, dove la cultura ambientalista si fonde con la capacità d’innovazione tecnologica.
Gli stereotipi più diffusi associano il Giappone a parole come «stagnazione», «decrescita». Un dubbio dovrebbe nascere dal fatto che parliamo di una stagnazione nipponica dall’inizio degli anni Novanta. Trentacinque anni dopo, questa nazione continua a figurare nel quartetto delle più ricche del pianeta. Trentacinque anni di decrescita non l’hanno impoverita davvero. Con fatica, l’India forse riuscirà a sorpassare il Pil del Giappone. Ma l’India ha oltre 1,4 miliardi di abitanti, il Sol Levante poco più di un decimo, 124 milioni.
Vorremmo tutti «ristagnare» come i giapponesi! Se poi guardo al contenuto delle tecnologie contemporanee, per esempio ai componenti del mio iPhone, scopro che spesso i pezzi più pregiati non sono prodotti né in California né in Cina e neanche a Taiwan, ma proprio da qualche multinazionale nipponica. Decadenza? O disinformazione di noi occidentali, che ci siamo distratti mentre a Tokyo avvenivano dei cambiamenti importanti?
La cultura nipponica contemporanea esercita un fascino enorme: letteratura per adulti e per giovani, graphic novel e fumetti, cinema, architettura e design, cultura del tè e dei giardini; la popolarità dei creativi nipponici è enorme in Occidente. Il Sol Levante rimane la mèta per un turismo di tipo spirituale: le tradizioni del buddismo zen, del taoismo, dello shintoismo, sembrano dare risposte adeguate alla sete di valori e trascendenza del nostro tempo. Tanto più che la religione autenticamente locale, indigena, vergine dalle influenze esterne, è quello shintoismo impregnato di rispetto verso la natura: una risposta in sintonia con le sensibilità contemporanee di molti occidentali, soprattutto i giovani.
Le sue grandi metropoli sono pulite e sicure. I trasporti pubblici sono tra i più efficienti e rapidi del pianeta. La criminalità è inesistente, perfino i bambini piccoli vanno da soli a fare la spesa senza correre alcun pericolo. Non si vedono senzatetto o mendicanti. La salute dei giapponesi è tra le migliori del mondo, la longevità è tra le più avanzate. Le diseguaglianze sociali sono fra le più basse. È una delle società più stabili e coese della storia umana.
Nessun altro paese condensa a questo punto modernità e rispetto della tradizione, rimanendo profondamente esotico. Nella sua esplorazione incontriamo sorprese e contraddizioni: il paradiso delle buone maniere e della cortesia può essere vissuto come una prigione di conformismo, da coloro che decidono di scomparirvi, evaporando nel nulla.
E come conciliare i tassi di criminalità più bassi del mondo, con l’esistenza dell’antica e temuta mafia Yakuza?
La sua centralità geopolitica è fondamentale. Ottant’anni di dibattito sull’atomica acquistano una prospettiva nuova, quando li si ricostruisce dall’epicentro dell’olocausto nucleare, Hiroshima. E il futuro della Cina, la sfida che essa lancia all’Occidente? Nessuno è in grado di decifrarlo meglio dei giapponesi: hanno millecinquecento anni di esperienza; da ultimo è stato proprio il miracolo economico di Tokyo a fare da modello per quello di Pechino.
Il Sol Levante sperimentò per primo i fulmini del protezionismo americano, fin dagli anni Settanta, un episodio che ha ispirato Donald Trump. E oggi che tutti riscoprono il capitalismo di Stato, le politiche industriali, la geoeconomia, è sempre in Giappone che tutto ebbe inizio, al punto che Harvard insegnava l’etica del samurai nella sua Business School…
15 ottobre 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA
15 ottobre 2025
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