
Signor Anders, Napoli-Eintracht Francoforte è anche la sfida tra i suoi figli. Peccato per l’infortunio di Oscar.
«Purtroppo sì, ma guardi per noi genitori è quasi un sollievo. Sono molto legati, ma quando si affrontano non accettano l’idea di perdere. E anche Emil, l’altro fratello, è fatto così».
Siete competitivi in famiglia?
«Molto, è la nostra natura. Ricordo che dovevano trovare un vincitore per qualsiasi cosa. Non immagina che sfide e che litigate nel campetto di casa. Ogni partita era una questione di vita o di morte tra di loro. Giocavano fino a quando non cadevano a terra distrutti».
Allora è vero che aveva costruito un campo al coperto per i suoi figli?
«Sì. Vede, in Danimarca il clima non è favorevole. Per tre mesi all’anno ci sono solo neve e gelo. Quel campetto permetteva di allenarsi sempre».
Ci dica la verità, qualche volta ha giocato anche lei con loro.
«Certo, mi divertivo anche io. A volte facevo anche degli allenamenti individuali per farli migliorare su alcuni aspetti specifici».
Con Rasmus su cosa lavoravate?
«Nel tiro e nel come utilizzare il corpo per proteggere il pallone con i difensori. Riguardavo spesso le sue partite per capire su cosa andare a concentrarsi».
Nel parlare dei suoi figli, la voce di Anders Hojlund si riempie di orgoglio. E non potrebbe essere altrimenti, vedendo il percorso fatto da tutti e tre. Oscar ed Emil, gemelli classe 2005, giocano in Germania all’Eintracht Francoforte e allo Schalke 04, Rasmus, invece, è tornato da qualche mese in Serie A. Questa volta con la maglia del Napoli: «La squadra che l’ha voluto di più».
Era anche un buon nuotatore.
«Era forte nel nuoto, lo praticava a livello agonistico. Giocava anche a tennis e badminton. Non riusciva a rimanere fermo. Quando ha dovuto scegliere, però, non ha avuto dubbi. Per lui esisteva solo il calcio».
Qual è il suo primo ricordo di Rasmus con un pallone?
«Il suo primo allenamento a quattro anni, fantastico. Ha sempre avuto una disciplina incredibile. Voleva diventare un calciatore, ha fatto di tutto per riuscirci. Vi dico solo che io e sua mamma eravamo costretti a portarlo a calcio anche con 40 di febbre».
Il momento più difficile del suo percorso?
«Quando è stato mandato via dal Copenhagen e il successivo trasferimento in Austria. Anche per noi non è stato facile. Era giovane, doveva cambiare realtà e aveva anche poco tempo per decidere cosa fare. È andata bene così».
Quest’anno è tornato in Italia.
«Una cultura che ama. Ed era una delle nostre mete preferite per le vacanze».
In estate lo hanno cercato anche Inter e Milan, come mai ha scelto il Napoli?
«Sono arrivate tante richieste, ma il Napoli è la squadra che l’ha voluto con più forza. Ci ha fatto percepire quanto fosse vero il loro interesse. Credono tanto in lui».
Quanto è stato importante Antonio Conte?
«Molto, gli ha sempre fatto percepire la fiducia provata nei confronti di Rasmus».
Segnerà contro l’Eintracht di suo fratello Oscar?
«Dico una sola cosa: Rasmus pensa di poter segnare ogni volta che c’è una partita, che sia nel campetto di casa o negli stadi europei».
4 novembre 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA
4 novembre 2025
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