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La copertina è rossa. E sopra vi si nota immediatamente l’inconfondibile marchio Adelphi. È un’edizione del Minotauro di Friedrich Dürrenmatt (1921-1990), la ballata con la quale il grande autore svizzero si inoltra nel territorio del mito. Diego Brancaccio (1939) — nefrologo di fama, che nella vita precedente è stato anche docente universitario, primario, direttore di gruppi di ricerca, autore di molti lavori scientifici, ma con una passione da sempre per il teatro, che definisce «il mio fuoco sotto alla cenere» — lo apre e ne legge un passo: «(…) i servi di Minosse, legati l’un l’altro, in lunghe file per non perdersi dentro all’impianto che Dedalo aveva costruito con l’intento di proteggere l’essere mostruoso dagli uomini e gli uomini dall’essere, un labirinto dal quale nessuno, una volta entrato, avrebbe mai più trovato la via d’uscita, fatto di mille e poi mille pareti di specchi rispecchiati in altri specchi, così che l’essere stava accovacciato, non solo di fronte alla sua immagine, ma anche alle immagini dell’immagine sua: vedeva un’infinità di esseri identici a lui stesso, e quando si girò per non vederli gli apparve un’altra infinità di esseri uguali a lui». Brancaccio sospira, sorride e richiude il libro: «Chiunque inizi a leggerlo, e bastano anche solo le prime dieci righe, rimane imprigionato da questo testo. È scritto con un ritmo incredibile, sferzante».
Nella rete del Minotauro ci è cascato naturalmente anche lui. Ma con un entusiasmo e una passione tali che, mercoledì 19 febbraio, lo porterà in scena al Teatro Carcano di Milano (ore 20.30), in forma di balletto, in uno spettacolo — Minotaurus. Il balletto — liberamente ispirato al testo di Dürrenmatt e realizzato in collaborazione con l’Accademia ucraina di balletto e Madminds Milano.
Brancaccio, con Emanuela Caselli, firma ideazione, drammaturgia e regia; e con Vincenzo Palombo la scenografia. Le musiche, estratti da La sagra della primavera, Petruska, L’uccello di fuoco di Igor Stravinskij, saranno suonate dal vivo nella riduzione pianistica, da Emanuele Delucchi e Lorenzo Grossi.
Lo spettacolo, che è anche un evento in sostegno di Opera San Francesco per i poveri, si apre con un prologo che narra la nascita del Minotauro, destinato a vagare nel labirinto della propria anima. È una storia — spiega Diego Brancaccio — «che ha a che fare con la solitudine, con gli inganni e con la redenzione. Puntiamo a far riflettere il pubblico su cosa possa significare essere diversi e come lottare per accettarsi. Il protagonista si cerca: attraverso un gioco di specchi, osserva gli altri, per capire che differenza c’è tra lui e loro. Siamo nella psicoanalisi. In sintesi estrema, lo spettacolo è la ricerca del sé».
Divagando, il medico/regista avverte: «Le avventure della testa sono le più belle. Ho insegnato trent’anni all’università e chiedevo sempre ai miei ragazzi: cosa volete fare del vostro futuro? La cosa più importante, dicevo loro, è sognare. È da quello che nasce tutto. Da mille sogni alla fine vengono fuori almeno dieci progetti. Allora cominciate a metterli a fuoco e due di quelli approfonditeli. Sì, si può fare anche con la medicina. La vita non deve essere inseguimento della banconota e lo dice uno che è nato quando Hitler bombardava la Polonia. Me la ricordo la guerra…».
Le stanze della memoria si schiudono. Una dopo l’altra. Brancaccio si racconta: «Quando sono arrivato a Milano, ero un imbranatissimo studente comasco. Alloggiavo alla Casa dello studente, perché costava poco e i miei non avevano grandi possibilità. Lì si studiava moltissimo, ma una sera alla settimana, il giovedì, tutto il mio corridoio andava a teatro, al Piccolo soprattutto, il primo Stabile pubblico in Italia. Mi colpì tantissimo una messa in scena di Schweik nella seconda guerra mondiale di Bertolt Brecht (stagione 1960-61, con Tino Buazzelli e la regia di Giorgio Strehler, ndr). Diventai amico di Buazzelli e conobbi successivamente il traduttore del testo: gli recitai a memoria le prime due scene, tanto mi avevano conquistato».
La famiglia di Brancaccio aveva le radici saldate nella cultura: «Mio zio era direttore dell’Accademia di Belle Arti di Napoli e molto amico di Eduardo De Filippo. Mi insegnò disegno e incisione, e successivamente frequentai le scuole di grafica a Venezia, per imparare la tecnica delle acqueforti. Mio fratello dipingeva. Mia nipote pure…».
Poi, tre anni fa la felice scoperta. «Non lo sapevo — prosegue Brancaccio — ma all’Accademia di Brera di Milano si può iscrivere chiunque, indipendentemente dall’età anagrafica. Eccomi così al terzo anno del corso di Scenografia (docente Isabella Fumagalli, che nello spettacolo è una delle tre persone che si occupano dei costumi, ndr), in veste di studente». Ride. «Studente che ha anche avuto la fortuna di essere stato scelto in classe come lo stagista che può partecipare come uditore al Teatro alla Scala durante il lavoro preparatorio del regista Damiano Michieletto e dello scenografo Paolo Fantin all’opera che andrà in scena ad aprile, ispirata a Il nome della rosa di Umberto Eco». Con musiche di Francesco Filidei e la direzione di Ingo Metzmacher.
Lo spettacolo
«Minotaurus. Il balletto» andrà in scena mercoledì 19 febbraio al Teatro Carcano di Milano (ore 20.30). Lo spettacolo è realizzato in collaborazione con l’Accade-mia ucraina di balletto e Madminds Milano e con il patrocinio di Fondazione San Sebastiano. Ideazione e regia: Diego Brancaccio ed Emanuela Caselli. Coreografia: Gino Potente. Scenografia: Vincenzo Palombo e Diego Brancaccio. Costumi: Vincenzo Palombo, Donatella Mondani, Isabella Fumagalli. Musiche di Igor Stravinsky suonate dai pianisti Emanuele Delucchi e Lorenzo Grossi. Narratore: Enzo Giraldo. L’evento è in sostegno dell’Opera San Francesco per i poveri. Il balletto è ispirato al romanzo breve del 1985 «Minotauro! di Friedrich Dürrenmatt (1921-1990).
17 febbraio 2025 (modifica il 17 febbraio 2025 | 17:38)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
17 febbraio 2025 (modifica il 17 febbraio 2025 | 17:38)
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