
FIRENZE – Il verdetto della base toscana del Movimento 5 Stelle arriverà poco dopo la chiusura delle operazioni di voto online, alle 18. Appena in tempo — e non è un caso — per consegnare al Partito democratico uno schema definitivo sulla coalizione guidata dal candidato Eugenio Giani, che sarà incoronato ufficialmente durante la Direzione dem proprio questa sera.
«Ogni forza politica decide quello che ritiene opportuno, quindi massimo rispetto», chiarisce Giani mentre il leader di Italia viva, Matteo Renzi, sferza i grillini: «Se vorranno stare in maggioranza con Giani sono i benvenuti, se vogliono star fuori perché non si vogliono sacrificare mi spiace per loro».
Se sarà davvero Campo largo nelle elezioni regionali in Toscana, dunque, lo decideranno poco più di un migliaio di iscritti al M5S: una forza che in Toscana, a eccezione di Prato nell’ultimo anno (dove peraltro la giunta è collassata dopo le dimissioni della sindaca Ilaria Bugetti), è sempre stata all’opposizione del Pd e combattuto aspramente il governo di Giani.
È innegabile che la scelta del Nazareno di puntare sul governatore uscente abbia pesato sul difficile approccio con i nemici di sempre, i quali avevano posto una pesante pregiudiziale sul suo nome. A farla cadere era stato proprio il leader pentastellato Giuseppe Conte, in nome di «una sintesi da trovare sui punti programmatici». Tuttavia, nel corso della riunione fiume di lunedì tra i maggiorenti toscani del partito e l’ex premier, il punto di caduta non è stato trovato: più di un indizio suggerisce che la scelta di far votare la base online, oltre all’opportunità della «democrazia diretta» nasconda uno scarico di responsabilità per un «no» che potrebbe prevalere, anche se con uno scarto ridotto.
Il quesito offre due opzioni: «Partecipare alla prossima elezione regionale in assoluta autonomia, con un proprio candidato presidente o dare mandato ai vertici del M5S per concludere un accordo chiaro e per iscritto, che richiami puntualmente i progetti e gli obiettivi individuati come assolutamente imprescindibili». Si tratta di una sorta di contratto da sottoporre ai dem nel caso di vittoria del sì, con alcuni passaggi difficili da digerire per il Pd: dallo stop al nuovo aeroporto di Firenze alla revisione del piano dei rifiuti appena approvato. Ma c’è anche il patto per la legalità, il reddito di cittadinanza regionale e il no alle basi Nato a Firenze e Pisa.
«Mancare questa occasione di cambiamento dopo che i nostri temi sono stati accettati sarebbe un suicidio politico», tuona l’ex assessora pratese M5S, Chiara Bartalini, mentre la consigliera livornese, Stella Sorgente (già vicesindaca del primo capoluogo toscano guidato dagli ex grillini) allontana la prospettiva: «Rispettiamo il percorso nazionale ma qua è ancora acerbo: non ci sono le condizioni. Magari nel 2030, quando Giani non si potrà ricandidare e su alcuni temi saremo più vicini, ci saranno».
Insomma, a meno di 70 giorni dal voto — individuato per il 12 e 13 ottobre — la Toscana per il M5S è diventata una morsa. Da una parte, Conte è cosciente che il «no» azzopperebbe la prospettiva di un Campo largo unito in tutte le regioni al voto con l’orizzonte di uno schema da proporre alle elezioni politiche. Dall’altro — come l’ex premier ha avuto modo di ricordare ai suoi — gli orizzonti di sopravvivenza del M5S in quella regione si ridurrebbero sensibilmente in caso di corsa solitaria: i sondaggi certificano il crollo del Movimento, che aveva preso il 6,4% nel 2020 e che oggi vale tra il 3% e il 4%, ma per entrare in Consiglio regionale fuori dalle coalizioni in Toscana lo sbarramento è al 5%.
Vai a tutte le notizie di Firenze
<!–
Corriere della Sera è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati.–>
Iscriviti alla newsletter del Corriere Fiorentino
7 agosto 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA